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Una delle notizie principali che vengono dalla conferenza CROI 2019 – il più importante appuntamento scientifico su HIV/AIDS – sarà di una persona che potrebbe essere il secondo caso di cura dell’infezione da HIV in seguito a un trapianto di cellule staminali.

Anche se i risultati dovevano essere presentati il ​​primo giorno della conferenza, la rottura dell’embargo da parte dei media mainstream, incluso il New York Times, ha fatto sì che i risultati arrivassero sui giornali prima che lo studio fosse presentato. L’autore principale dello studio, Ravindra Gupta dell’Università di Cambridge, è anche stato intervistato nell’articolo del NYT. 

Lo studio è stato condotto da una squadra internazionale di ricercatori dei Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito. [1] Ulteriori dettagli del caso del Regno Unito sono inclusi nel documento che dovrebbe essere pubblicato su Nature, ma che ha anche avuto un embargo rotto. [2]

I risultati riproducono le circostanze che hanno curato Timothy Ray Brown (il paziente di Berlino) dieci anni fa [3], ma sono importanti perché avrebbero ottenuto la remissione dell’HIV con un trattamento meno aggressivo.

Il caso del Regno Unito si riferisce a un uomo HIV positivo con HIV CCR5-tropico (cioè il virus con cui era infettato era del tipo più diffuso che utilizza una proteina chiamata CCR5 per entrare nelle cellule); l’uomo ha avuto la diagnosi di HIV nel 2003 e ha iniziato il trattamento dell’HIV (efavirenz/ TDF/FTC) nel 2012. Poco dopo aver iniziato la terapia è stato anche diagnosticato con un linfoma di Hodgkin in stadio avanzato che non ha risposto alla chemioterapia di prima linea (ABVD) o a diverse combinazioni di salvataggio.

Questo paziente è stato sottoposto a trapianto di cellule staminali ematopoietiche allogeniche (cioè cellule provenienti da un donatore diverso da lui e che erano capaci di creare le cellule sanguigne, gli sono state infusi 3,6 milioni di cellule CD34 + / kg) come trattamento per il linfoma.  Sono state utilizzate cellule di un donatore proveniente da un registro internazionale che era anche omozigote per la delezione del delta-32 CCR5 (si tratta di una variante genetica per la quale le persone che ne sono portatrici non sviluppano sulle loro cellule la sostanza CCR5 che serve al virus per entrarvi). Il donatore era compatibile in maniera vasta ma non completa (9/10 – con una mancata corrispondenza allelica con HLA-B). La terapia di induzione è proseguita con lomustina, ciclofosfamide, citarabina ed etoposide (LACE) e le cellule T sono state deplezionate (cioè è stato ridotta la capacità del suo sistema immunitario originale per ridurre il rischio di rigetto del trapianto) con condizionamento a ridotta intensità utilizzando anti-CD52 (alemtuzumab). La ciclosporina A e il metotrexato a breve corso sono stati usati come profilassi per la malattia da trapianto contro ospite (GvHD).

Durante la chemioterapia, l’ART è passata a raltegravir/TDF/FTC e quindi a rilpivirina/dolutegravir/3TC (dopo che sono sviluppate delle resistenze K65R e M184V durante un breve periodo di rebound virale).

A differenza del paziente di Berlino, il paziente britannico non ha subito irradiazione completa del corpo (cioè annullamento totale del proprio sistema immunitario), ma ha anche sperimentato solo lieve GvHD (grado 1), in questo caso con febbre e sintomi gastrointestinali al giorno 77. L’ART è stata mantenuta per tutto il tempo e per 16 mesi dopo il trapianto. A seguito di dettagliate consultazioni con il paziente, compresa l’approvazione etica e il consenso informato, è stata presa la decisione di interrompere il trattamento dell’HIV.

La carica virale è stata monitorata settimanalmente per i primi tre mesi poi mensilmente e l’HIV è rimasto non rilevabile misurato con DNA di HIV (<1 copia/ml) nelle cellule T periferiche per 18 mesi. Non è stato possibile isolare nessuna copia di HIV da più di 24 milioni di cellule utilizzando l’outgrowth assay. Dopo il trapianto, il DNA dell’HIV associato alla PBMC totale è sceso al di sotto del limite di rilevazione e il DNA totale nelle cellule T CD4 non è stato individuabile a 29 mesi mediante PCR qualitativa ultrasensibile. Ex vivo, le cellule CD4 potrebbero essere infettate da CXCR4- ma non da HIV CCR5-tropico.

Analogamente a quanto successo per il paziente di Berlino, un campione di cellule del sangue ha dato una positività al DNA virale di basso livello che è stato interpretato come un probabile risultato del DNA falso positivo.

Entrambe le risposte anticorpali e delle cellule T erano simili a quelle riportate per il paziente di Berlino, portando gli investigatori a credere provvisoriamente che questo potrebbe essere un secondo caso di remissione dell’HIV, sottolineando tuttavia che questo può essere confermato solo con un follow-up più lungo.

Anche a CROI 2019, un terzo caso di remissione / cura dell’HIV dopo l’HSCT è stato riportato in un poster dell’ultimo minuto, ma con molto meno follow-up off-ART.

Questo caso è stato presentato da Björn-Erik Jensen dell’ospedale universitario Heinrich Heine di Düsseldorf e colleghi che hanno coinvolto il trapianto di cellule ematopoietiche allogeniche per trattare una leucemia recidiva nel febbraio 2013, usando ancora un donatore corrispondente (10/10) omozigote per CCR5 delta-32. [4]

La leucemia ha avuto una seconda ripresa nel giugno 2013 e la remissione è stata raggiunta dopo otto cicli di chemioterapia 5-azaC e 4 infusioni di linfociti del donatore.

Non si è rilevato HIV durante tutto il periodo post-trapianto, con ART mantenuta per più di 5,5 anni. Il DNA provirale non è stato rilevato dal qPCR in PBMC in diversi momenti del plasma, CSF, tessuto rettale, ileo e midollo osseo. Segnali bassi non sono riusciti a confermare la replicazione dell’HIV.

Dopo aver discusso sul rischio e con il consenso informato, la ART è stata interrotta con controlli frequenti nel novembre 2018 e l’HIV è rimasto non rilevabile nel plasma negli ultimi tre mesi.

I ricercatori sono ottimisti che questi risultati possano rappresentare un altro caso di remissione dell’HIV, ma hanno sottolineato che è indispensabile seguire il paziente più a lungo per poterlo confermare.

Paziente di LondraPaziente di DusseldorfPaziente di Berlino
Patologia concomitanteLinfoma di HodgkinLeucemia acuta mieloideLeucemia acuta mieloide
Trapianto di cellule Una voltaUna voltaDue volte
Tipo di condizionamentoridotta intensità: anti–CD52 (alemtuzumab)ridotta intensità: fludarabine/ treosulfanIrradiazione totale (due volte)
Malattia del trapianto contro l’ospiteGrado 1Grado 1Grado 1
Terapia post-trapianto16 mesi66 mesinessuna
Tempo di remissione di HIV18 mesi3 mesi> 10 anni

COMMENTO DI SIMON COLLINS, i-BASE

Questi risultati ottimistici danno speranza a milioni di persone a livello globale – anche se questa è solo una modifica del trattamento dell’ultimo stadio per il cancro avanzato.

I precedenti tentativi di riprodurre il paziente di Berlino non hanno avuto successo, spesso a causa del rebound del virus CXCR4-tropico (cioè quello che usa un’altra sostanza diversa da CCR5 per entrare nelle cellule) che in seguito è stato trovato presente al basale. [5, 6, 7]

Sebbene ci siano stati altri casi di trapianto di cellule ematopoietiche allogeniche in pazienti HIV positivi, molti sono ancora in terapia e il caso del Regno Unito è la remissione più lunga riportata dopo un’interruzione del trattamento.

L’ottimismo per i casi di remissione dell’HIV esposti al CROI 2019 è dovuto anche al fatto che essi sono stati ottenuti con un trattamento meno aggressivo rispetto al paziente di Berlino il cui trattamento includeva radiazione totale del corpo due volte e due cicli di trapianto per il trattamento della leucemia mieloide acuta; e un donatore non perfettamente abbinato.

Il modo in cui tale importante ricerca scientifica è stata diffusa dai media mainstream prima della presentazione ad una conferenza scientifica peer reviewed sottovaluta il lavoro del ricercatore e degli individui in questi due studi.

articolo originale di Simon Collins per iBase, tradotto e adattato da Giulio Maria Corbelli

Riferimenti

  1. Gupta RK et al. Sustained HIV-1 remission following homozygous CCR5 delta32 allogenic HSCT. CROI 4 – 7 March 2019, Seattle. Late breaker oral abstract 29 LB.
  2. Gupta RK et al. HIV-1 remission following CCR5Δ32/Δ32 haematopoietic stem cell transplantation. Nature. DOI: 10.1038/s41586-019-1027-4.
    https://www.nature.com/articles/s41586-019-1027-4
  3. Hutter, G. et al. Long-term control of HIV by CCR5 Delta32/Delta32 stem-cell transplantation. N Engl J Med 360, 692-698, doi:10.1056/NEJMoa0802905 (2009).
    https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa0802905
  4. Jensen B-E O et al. Analytic treatment interruption (ATI) after allogeneic CCR5-d32 HSCT for AML in 2013. CROI 4 – 7 March 2019, Seattle. Late breaker oral abstract 394 LB.
  5. Hayden EC. Hopes of HIV cure in ‘Boston patients’ dashed. Nature. doi:10.1038/nature.2013.14324 (6 December 2013).
    https://www.nature.com/news/hopes-of-hiv-cure-in-boston-patients-dashed-1.14324
  6. Henrich TJ et al. Antiretroviral-free HIV-1 remission and viral rebound after allogeneic stem cell transplantation: report of 2 cases. Ann Intern Med 161, 319-327, doi:10.7326/M14-1027 (2014).
    https://annals.org/aim/article-abstract/1889547/antiretroviral-free-hiv-1-remission-viral-rebound-after-allogeneic-stem
  7. Kordelas L. et al. Shift of HIV tropism in stem-cell transplantation with CCR5 Delta32 mutation. N Engl J Med 371, 880-882, doi:10.1056/NEJMc1405805 (2014).
    https://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMc1405805