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Sembra proprio che anche l’ultima commissione di AIFA abbia dato parere favorevole al rimborso della PrEP da parte del Sistema Sanitario Nazionale.
Abbiamo finalmente fatto un passo in avanti con quasi 10 anni di ritardo (!), che vuol dire che tante persone si sono contagiate per l’ignoranza, la burocrazia e la supponenza di questo Paese.

Ci è bastato leggere la grassa ignoranza con cui troppi giornalisti hanno dato la notizia per renderci conto del livello di interesse o, forse, della stupidità.
Ad ogni modo la parte tecnica pare abbia finalmente deciso ma, ovviamente, questo non vuol dire che domani mattina troveremo i flaconi gratis in farmacia.

Ora attendiamo la determina, poi la pubblicazione in gazzetta ufficiale.
Poi, presumo, un passaggio in conferenza Stato Regioni.
Poi ogni Regione dovrà pur deliberare qualcosa per far entrare il farmaco in prontuario o modificarlo, un budget dovrà essere definito e quello del 2023 già è fatto.

È ipotizzabile che qualche Regione opti per passare al 2024?

Resta sulla porta il problema delle prescrizioni solo erogabili dall’infettivologo dopo una visita che, qua e là, si paga.
Poi ci sono i test di controllo che, qua e là, si pagano.

Poi ci sono i deliri di onnipotenza di questo o quel primario che decide che nei “suoi” ambulatori “quella roba li” non si prescrive, come del resto già accade.

Ovviamente nessuno sta pensando a coinvolgere i Checkpoint, o più correttamente, i PrEP Point che, dove presenti, potrebbero svolgere un ruolo importante, non sia mai che dei centri community based defraudino un clinico di un qualche potere.

Speriamo almeno che non obblighino le persone in PrEP a recarsi solo presso le farmacie ospedaliere che, per diffusione e orari di apertura, non offrono un servizio paragonabile alle farmacie private.

Inoltre, se proprio deve essere l’infettivologo a prescrivere il farmaco per la PrEP, almeno che sia in fascia A e sulla base di un piano terapeutico di 12 mesi, così che, nel caso, il farmaco possa essere prescritto anche dal medico di medicina generale.

Nel frattempo, gli italiani acquistano la PrEP online a prezzi competitivi, spesso senza alcun controllo medico, grazie agli ostacoli dei burocrati, agli interessi politici, ecc.

Ma non è tutto, dobbiamo anche aggiungere gli ostacoli piazzati per anni da diversi esponenti del movimento LGBT. Alcuni di maggiore peso, come Giovanni Dall’Orto che nel 2017 pontificò su Pride (evidentemente uno spazio LGBT su cui fare affidamento), o altri decisamente meno influenti ma comunque con un seguito, come il sig. Mangiacapra che dalla Campania da anni tuona contro Plus e contro il sottoscritto più o meno direttamente, per tacere del Cassero che, ancorché circolo LGBT storico bolognese per anni all’avanguardia sul tema diritti, su PrEP ha sempre avuto una posizione guardinga, quando non nettamente contraria, soprattutto nelle precedenti gestioni, con buona pace dell’indiscusso impegno del responsabile salute di Arcigay nazionale. Fa ben sperare la nuova Presidente del Cassero, Camilla Ranauro, che giusto ieri ha annunciato la decisione di AIFA con molto entusiasmo.

In sintesi, non è tutta colpa di Aifa se PrEP in Italia è ancora così controversa, non alla portata di tutti, ecc. Di questo HIV da anni sta ringraziando.

In questo delirio di assurdità ascientifiche, per fortuna molti gay italiani pensano che assumere un farmaco che previene HIV non fa mica schifo! Ormai diverse migliaia di persone in Italia sono in PrEP e i costumi, la mentalità, la cultura stanno pian piano cambiando, anche grazie – lo dico con orgoglio – al lavoro di Plus su PrEP iniziato nel 2013 (bel prima che EMA la autorizzasse).

Oggi si muovono i primi prepster in Italia e, una volta di più, i gay italiani hanno sopravanzato i falsi profeti e cercano e usano tutti gli strumenti che la scienza mette a disposizione con HIV.

Un passo nella giusta direzione. Il lavoro non è finito. Dobbiamo recuperare il ritardo, smettere di considerare le varie forme di prevenzione come alternative una all’altra (vanno usate tutte e poche storie), guardare con fiducia ai passi in avanti della ricerca su PrEP a partire dall’iniezione di Cabotegravir con copertura bimestrale che è già una realtà negli USA.

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

L’Agenzia Italia del Farmaco ha stabilito che la Profilassi prep esposizione (PrEP) per proteggersi dall’HIV sarà rimborsata dal sistema sanitario nazionale. Questo significa che è gratuita con la prescrizione di un infettivologo/a!

Siamo molti felici di questa notizia, ringraziamo le associazioni HIV che si sono impegnate per la rimborsabilità e ricordiamo Giulio e Stefano per il loro impegno per la PrEP per tuttə!

Non tutte le regioni hanno già implementato la gratuità. Per maggior informazioni contatta uno dei centri elencati nella pagina Chi ti segue.

Ho iniziato a seguire il protocollo PrEP l’estate scorsa (agosto 2022) dopo averne parlato con alcuni miei amici che già lo seguivano e dopo aver svolto una serie di considerazioni personali. Prima di iniziare questo percorso avevo tutta una serie di pregiudizi su chi assumeva la PrEP:

come buona parte dei detrattori della PrEP ero convinto che chi la assumeva fosse una persona incline alla promiscuità (una puttana, in poche parole) e, come tutti, ripetevo il mantra che la PrEP protegge dall’HIV ma non dalle altre IST (infezioni sessualmente trasmissibili(.


Successivamente qualcosa nella mia vita sessuale è cambiato. Io sono nato negli anni ’80 e, ai tempi della mia pubertà e adolescenza, l’HIV era oggetto di forte stigma: ricordo ancora, a metà degli anni ’90, la pubblicità che invitava all’uso del preservativo, in cui le persone sieropositive erano segnalate da un’aura viola (come se questa malattia fosse un marchio di infamia). Questo certamente mi ha permesso di essere cosciente del problema, ma d’altra parte ha creato in me una serie di paure e di blocchi esagerati se non ingiustificati, senza tralasciare il fatto che, nonostante tutto questo parlare dell’HIV, nessuno mi aveva spiegato quali altre infezioni ci fossero al mondo.

Fatto sta che, da quando sono andato a vivere da solo dopo la laurea e ho iniziato di conseguenza ad avere una vita sessuale più attiva, ho sempre praticato il sesso col preservativo anche con persone delle quali mi sarei potuto ragionevolmente fidare. Non ci sarebbe di per sé nulla di sbagliato in tutto questo, se non fosse che io avevo delle fantasie sessuali che reprimevo per paura di rimanere contagiato.

Si trattava di cose tutto sommato banali, come praticare del sesso orale e farmi eiaculare in bocca. Inizialmente avevo una buona disciplina e sono sempre riuscito ad avere un buon autocontrollo, ma negli ultimi anni mi sono accorto che, soprattutto nei momenti di maggiore stress, assecondare queste fantasie agiva da valvola di sfogo. Qualche volta ho quindi ceduto al desiderio di fare sesso orale con ingoio di sperma e, quando un paio di volte mi è capitato di fare anche del sesso anale non protetto, ho capito che correvo un rischio concreto di perdere il controllo della situazione.

Mi sono allora convinto che la PrEP avrebbe potuto farmi da paracadute in quei casi in cui desideravo lasciarmi andare alle mie fantasie, fermo restando il fatto che iniziare quel percorso non avrebbe escluso di ricorrere anche al preservativo. Ho anche pensato che è vero che la PrEP non protegge dalle altre infezioni, ma è altrettanto vero che per queste c’è comunque una cura che permette di guarirle, mentre, come si sa, purtroppo ancora non esiste una cura che debelli il virus dell’HIV.

Inoltre, chi segue il protocollo PrEP deve sottoporsi a cadenza trimestrale a un check-up particolarmente accurato che permette, nel caso si sia contratta una infezioni, di agire tempestivamente.

Io non credo, quando ancora non assumevo la PrEP, di essermi mai sottoposto ai test in maniera così frequente (li ripetevo una media di due o tre volte l’anno a seconda dei casi) e comunque non si trattava di controlli così approfonditi (tipicamente solo test per HIV, sifilide ed epatiti, se non sussisteva il sospetto di altre infezioni).

Io sono seguito presso l’Ospedale Niguarda di Milano e i test che sono svolti sono esami del sangue (per HIV, sifilide ed epatiti) e delle urine, nonché tamponi faringei e anali.

Ho deciso quindi di iniziare a seguire il protocollo PrEP secondo la modalità on demand. All’inizio avevo un certo timore che questo farmaco avrebbe potuto darmi dei problemi, e infatti ho iniziato il primo ciclo un paio di mesi dopo aver ricevuto il via libera da parte dei medici ed essermi procurato il primo barattolo di pastiglie.

Contrariamente ai miei timori, non ho avuto nessun disturbo. Tuttora posso dire di non avere mai avuto particolari problemi legati all’assunzione del farmaco, se non, all’inizio, un problema di leggera insonnia che ho risolto spostando l’orario di assunzione della pillola a dopo il pranzo anziché dopo la cena.

Da un punto di vista personale, da quando ho iniziato questo percorso ho trovato due benefici.

  • Il primo è che sentendomi protetto dalla PrEP ho iniziato a vivere la mia sessualità in maniera più serena e libera da complessi e paure: da quel momento per me il sesso è diventato qualcosa di molto più appagante, soddisfacente e, in un certo senso, giocoso.
  • In secondo luogo, la consapevolezza di aver distrutto un luogo comune mi ha reso una persona più aperta al dialogo ma allo stesso tempo più consapevole e risoluta, e quindi tutto sommato più forte. Credo che entrambi siano benefici non trascurabili.

Vorrei concludere con un messaggio di augurio che ho ricevuto da un mio amico quando ho iniziato questo percorso. Si tratta di una persona con cui io avevo avuto dei rapporti sessuali ma che ho poi respinto quando mi ha detto di aver iniziato ad assumere la PrEP.

Lui è stato una persona più matura di me e siamo rimasti amici. Mi ritengo fortunato: non so se nei suoi panni avrei avuto le palle per comportarmi allo stesso modo. Ad ogni modo, quando gli ho detto che cominciavo anche io, mi ha risposto: “Vedrai che con il tempo tutte le tue paure si affievoliranno ed entrerai nella logica sana della prevenzione”.

È un augurio che vorrei comunicare a tutte quelle persone che in questo momento vorrebbero iniziare questo percorso ma che magari hanno qualche dubbio o paura che le frena.

Danilo, 36 anni, Milano


Non riusciamo ancora a liberarci dei pregiudizi verso la vita sessuale delle persone. Un aiuto potrebbe arrivare dalle testimonianze di chi usa la PrEP: il punto di vista del vissuto emotivo potrebbe avvicinare alla PrEP senza stigmatizzare chi ne fa uso. Se anche tu vuoi condividere la tua storia con la PrEP, scrivi un testo (300/500 parole) e inviacelo a info@prepinfo.it.

Puoi raccontarci perché hai scelto la PrEP e cos’è cambiato nella tua vita sessuale, ma anche, più semplicemente, come hai scoperto questo metodo preventivo, quale centro te l’ha prescritto e come ti sei trovato/a. 

Preferiremmo che le testimonianze non fossero anonime: la trasparenza è importante per creare un’onesta discussione pubblica sulla PrEP e sulla salute sessuale. Capiamo però che per alcune persone non è facile esporsi: in questo caso nella tua testimonianza potresti motivare perché hai scelto l’anonimato; così da sottolineare quanto sia ancora presente lo stigma verso le scelte sessuali delle persone.

Difficile dire qualcosa di sensato su Stefano Tallulah Pieralli che, poco fa, ci ha lasciati.

Difficile perché Stefano ha fatto davvero tanto. Nello sconforto della perdita, ho provato a leggere i commenti sui social che, pur avendo postato la notizia da poche ore, sono già moltissimi. Alcuni mi fanno tornare alla mente tanti episodi di un’amicizia pluridecennale. Altri, per fortuna uno o due, avrebbero dovuto collegare i neuroni prima scrivere.

Stefano ha fatto tutto e anche disfatto tutto ma, come sa chi lo conosceva bene, “conteneva moltitudini”.
In 40 anni di attivismo ha contribuito a fondare l’Arcigay e a criticarla aspramente; ci sono foto che testimoniano di un ragazzino biondo e riccioluto che partecipava alle prime attività del Cassero. Irriconoscibile se non per la tipica smorfia di quando si accendeva una sigaretta, rimasta intatta per i successivi 40 anni. Tra i fondatori di Arcigay a Reggio Emilia, che gli varrà il secondo nome d’arte di Granduchessa. L’unico circolo che, ancora oggi, riteneva degno della sua idea di associazionismo militante, politico ma poco o per niente ideologico, anzi, molto concreto.

Una concretezza che lo ha portato da subito allo scontro con quel sistema sociale che voleva i gay tristi e sfigati, mentre Stefano tutto era tranne che triste e sicuramente non sfigato. Rompere gli schemi, diceva ogni tanto, lo stesso pensiero che porta il giovane Pieralli a travestirsi e a battere il marciapiede (ma gratis, facendo incazzare le professioniste e rischiando anche le botte in un paio di occasioni), o ad appostarsi nei pressi delle caserme per adescare i militari che, del resto, non vedevano l’ora secondo le cronache dell’epoca. Ancora fino pochi mesi fa, il tema della riappropriazione del piacere lo vedeva fervido sostenitore, insieme all’altro pilastro di Plus, Giulio Maria Corbelli, scomparso pochi mesi or sono.

Stefano è stato dirigente del PCI, qualcuno lo ricorda online, ma ha sempre rifiutato proposte di carriera politica legate al suo orientamento sessuale, “io non faccio il gay del partito”. Tutti ricordano i racconti di Frattochie, dell’esperienza in URSS, ecc. Stefano era una delle poche persone del movimento con una chiara visione politica e ancor più chiara capacità di analisi dei quadri politici che si sono succeduti negli anni, per tacere dell’invidiabile capacità di inquadrare al volo le persone. Quante volte mi sono sentito dire “te l’avevo detto che era un idiota”.
Fra i vari commenti online ho letto “aristocratico”, vero. Un marxista aristocratico con una punta di monarchia illuminata (dalla sua luce ovviamente). Trovatene un altro in grado di contenere queste moltitudini.

Stefano, come scrive nelle righe di presentazione del Direttivo di Plus, lavorava come educatore nelle dipendenze patologiche, quindi riduzione del danno, pene alternative, ecc. Anche li in contro tendenza alla logica dei “poverini”, semmai seguendo la logica del vaffa alternato all’ascolto e alla comprensione. Ho potuto constatare di persona quanto bene gli volessero “i suoi ragazzi” – come li chiamava.

E poi Plus. Da sempre, da prima della fondazione. Fu Stefano a mettermi sotto al naso il bilancio del Cassero – ovviamente gestione di oltre 10 anni fa – e a farmi notare che con una previsione di spesa di pochi euro per il settore salute “non si fa un checkpoint, torna sulla terra”. Non per caso, è stato il MIT a offrirci spazi per i nostri primi test per HIV.

Qualcuno online lo definisce testardo. Non lo conosceva bene o, più facilmente, non era in grado di argomentare al suo livello. Stefano difendeva le sue posizioni che neanche un fante della prima guerra mondiale in trincea. Ma ascoltava, rifletteva e cambiava idea se il confronto era sufficientemente di alto profilo e le motivazioni di pari valore. Di certo non era quello che ti dava ragione per farti contento. La via più facile, una moda diffusa in Italia alla quale possiamo far risalire l’arretratezza in cui versa il nostro Paese, non era il modus operandi di Stefano e, guarda caso, non è neppure quello di Plus, un’associazione che ha fatto scelte in controtendenza, articolate, spesso non semplici, sulle quali Stefano ha avuto un’influenza importante. Un’influenza, un insegnamento, una impostazione che ci ha consentito di reggere colpi durissimi come la morte di Giulio, e che oggi ci mette nelle condizioni di andare avanti nonostante non ci sia più Stefano in Direttivo. Queste cose accadono quando i grandi uomini lasciano grandi insegnamenti in eredità. La strada è li, basta camminarci sopra. Possibilmente su quegli stessi tacchi favolosi indossati da Tallulah, le uniche scarpe sulle quali non zoppicava.

Grazie di tutto, tesoro.

Sandro.

In questa diretta un attivista e un medico queer si confrontano su come non prendere l’HIV usando la PrEP, un farmaco e un protocollo sanitario di prevenzione.

 

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Rodolfo Pessina, MD 🩺 (@sexotan_gocce)

Dopo oltre 40 anni di HIV, con tutti i cambiamenti sociali che l’epidemia ha portato con sé, ha ancora senso parlare di fierezza o di orgoglio positivo – ovviamente mi riferisco a HIV – e ha ancora senso portare ai Pride questo tema? Dopo tutto ormai HIV non fa così paura, prendiamo una pillola e via, che sarà mai?
Lo stigma, la discriminazione e il pregiudizio la fanno ancora da padroni in questo Paese? E la comunità LGBTQ+ è così immune dal discriminare le persone che vivono con HIV che queste possono restare nascoste ed evitare di palesare il proprio stato sierologico?
Il movimento LGBTQ+ sta svolgendo finalmente un’opera di primo piano su questi temi? O resta timoroso sulla porta delegando ad altri un ruolo che in altri Paesi è stato governato principalmente da persone omosessuali?

Fuori dal corteo del Pride, ha senso parlare del proprio stato sierologico ad altri e “uscire dall’armadio, come facciamo con l’orientamento sessuale?

Di questo e di molto altro parleremo al VENERDi’ POSITIVO del 30 marzo dalle ore 19,30 presso la sede di Plus in via S. Carlo 42/C a Bologna.

Dopo la chiacchierata, per chi lo desidera, è prevista una pizzata tutti insieme.

A venerdì.


Riprendono le domeniche di approfondimento “E tu che ne vuoi sapere?” tratto dalla frase che un clinico ci disse durante una conferenza.
Secondo noi, invece, restare nell’ignoranza fa bene solo alle infezioni mentre l’empowerment delle persone che vivono con HIV aiuta a combattere efficacemente la sua azione.

Ci vediamo domenica 12 marzo alle ore 18 presso la sede di Plus in via S. Carlo 42C a Bologna e parleremo delle novità dalla conferenza CROI 2023.

La conferenza CROI (conference on retroviruses & opportunistic infections) è forse la più importante conferenza al mondo e si tiene, manco a dirlo, negli USA. La conferenza di quest’anno si è tenuta a Seattle (WA) dal 19 al 22 febbraio. Nella sezione “Articoli” potete leggere le relazioni del Presidente dell’Associazione.

Grazie ad un contributo non condizionato di ViiV Healthcare, siamo riusciti a concludere un progetto ambizioso che comprende il rinnovamento e il potenziamento delle piattaforme digitali di Plus.

Da un lato ci siamo “ripresi in casa” i siti internet che a suo tempo avevamo creato con lo scopo di dare maggiore visibilità ai progetti innovativi che stavamo portando avanti (BLQ Checkpoint.it, prepinfo.it). Dall’altro lato, abbiamo rinnovato il sito plus-aps.it dandogli la forma del portale ma, soprattutto, dandogli una forma più agile e moderna caratterizzata da un consistente uso di immagini. Ora Plus ha un nuovo portale con un design moderno e intuitivo, organizzato per aree tematiche e nuovi contenuti utili e interessanti per i membri e per il pubblico in generale.

Funzionalità:

  • Homepage dinamica con un’immagine di sfondo e una breve descrizione dell’associazione e dei suoi obiettivi
  • Navigazione intuitiva e facile da usare, con menu di navigazione fisso in alto alla pagina e pulsanti chiari e ben visibili per accedere alle diverse sezioni del sito
  • Sezione “Chi siamo” con una descrizione dell’associazione, la storia, la mission, i valori e le attività svolte
  • Sezione “Eventi” con un calendario degli eventi futuri, un archivio degli eventi passati, con relativa descrizione, immagini e video
  • Sezione “Progetti” con una panoramica dei progetti in corso, dei risultati raggiunti e delle attività previste
  • Sezione “Articoli” con articoli di approfondimento su temi di attualità, opinioni e contributi degli esperti del settore
  • Sezione “Contatti” con una lista di contatti per raggiungere l’associazione, un modulo di contatto per richieste specifiche e una mappa interattiva per localizzare la sede dell’associazione.
  • E molto altro ancora…

Grafica:

  • Design moderno, accattivante e in linea con l’immagine dell’associazione, con colori e fonti coerenti con il branding dell’organizzazione
  • Layout responsive, adattabile a tutti i dispositivi, desktop, tablet e smartphone
  • Immagini e foto di alta qualità, scelte accuratamente per rappresentare l’associazione e le sue attività
  • Animazioni ed effetti visivi per migliorare l’esperienza utente e rendere il sito più dinamico e coinvolgente.

Contenuti:

  • Contenuti organizzati in sezioni tematiche chiare e ben definite, per agevolare la navigazione degli utenti
  • Contenuti di alta qualità, originali e utili per i membri dell’associazione e per il pubblico in generale
  • Testi chiari, ben scritti e facilmente comprensibili per tutti i livelli di conoscenza del settore
  • Immagini, foto e video appropriati e pertinenti, utilizzati in modo efficace per supportare i contenuti testuali.

Parallelamente, abbiamo realizzato un’app per smartphone dedicata alle persone che usano la PrEP come sistema di prevenzione da HIV. L’app si chiama “PrEPapp” e sarà presentata a breve in modo più ampio, è stata realizzata dalla software house “GreenTeam”, in collaborazione con Plus, Checkpoint Milano, Conigli Bianchi.
L’app è pensata per incrementare l’aderenza terapeutica nelle persone in PrEP, in particolare per coloro che usano la posologia on demand. Resistendo alle tentazioni, l’app è tutt’altro che barocca, al contrario l’abbiamo voluta il più semplice possibile. Fornisce informazioni di base per la corretta assunzione del farmaco e restare protetti.

Daniele e Roberto Milano Checkpoint

Ebbene si: ho barato. C’è ancora un pezzo di relazione che mancava e riguarda i poster, ossia quegli studi i cui abstract sono stati accettati e pubblicati in forma di cartelloni nella sede della conferenza, un enorme salone dedicato agli abstract. Naturalmente erano oltre 1000 gli studi pubblicati, io ne ho selezionati solo alcuni. I poster sono linkati, se cliccate è possibile vederli in un formato sostenibile.

Incomincio con i nostri colleghi/”rivali” del Checkpoint di Milano, che sono bravi a valorizzare i dati che raccolgono. CROI ha accettato il loro lavoro: Mpox: Sexual behavior reduction do not explain decreased Mpox incidence among prep users. In sintesi i milanesi hanno notato che i ragazzi in PrEP che seguono, non hanno minimamente cambiato le abitudini sessuali durante l’epidemia di Mpox e non si spiegano come mai i casi siano calati. Ricordo che il cluster milanese da solo copriva il 50% dei casi nazionali. Non è spiegabile con vaccino che è arrivato tardi rispetto ai tempi della statistica, tantomeno con la lentezza con cui il vaiolo delle scimmie replica, perché secondo il dott. Rossotti (il secondo da sinistra nella foto) sostiene che i dati clinici in suo possesso mostrano un’accelerazione nell’incubazione scesa a 3 giorni. Volendo cavarcela con una battuta, anche perché con i dati attuali non ci sono spiegazioni scientifiche, forse mpox non è riuscito a tenere il ritmo degli MSM di Milano.

Lo studio Burden of coronary disease in transgender women with and without HIV invece, ipotizza una relazione fra la terapia ormonale in donne trans e problemi cardiovascolari. Non è tanto per lo studio in sé che non è di particolare peso, ma per il fatto che finalmente qualcuno pubblica studi sulle persone trans.

Lo studio olandese Sexual behavior and sti incidence during the first 4 years of prep use among MSM, riporta alcune considerazioni sugli MSM in PrEP. Durante i primi 4 anni di utilizzo della PrEP, l’incidenza complessiva di IST è stata elevata e stabile. L’incidenza di clamidia e gonorrea è leggermente diminuita negli utenti daily ma, al di la di questo la linea di tendenza vede un incremento di casi di IST per poi stabilizzarsi. I test regolari e il trattamento delle IST rimangono una priorità tra gli utenti in PrEP. La prevenzione biomedica delle malattie sessualmente trasmissibili può essere esaminata in questo contesto.

Il simpatico studio PEP-in-pocket (PIP): long-term follow-up of on demand HIV post-exposure prophylaxis probabilmente farebbe venire un ictus agli infettivologi restii a concedere al PrEP (soprattutto ai gay). La PIP, in italiano sarebbe PEP in tasca, si rivolge a persone che hanno un alto rischio di contagio ma non molto spesso. La PIP consiste nel fornire a queste persone 4 settimane complete di PEP, il counselling perché abbiano chiaro quando iniziare il trattamento e dove recarsi in caso di bisogno. Le conclusioni vanno oltre proponendo la PIP il passaggio da PIP a PrEP in base all’evoluzione del rischio delle persone. Inoltre, è suggerito di includere la PIP, insieme a PEP e PrEP, nelle opzioni biomediche di prevenzione dell’HIV per gli individui HIV-negativi a rischio di infezione.

Vi ho già parlato dello studio Slowing or reversal of decay of intact proviruses over 2 decades of suppressive ART, ossia che i reservoir decadono lentamente anche dopo 20 anni di soppressione virale. Questo è uno dei motivi per cui la cura è ben lontana dall’essere trovata. Per la vostra gioia aggiunto lo studio Persistance of inducible replication-competent hiv-1 after long-term art che in sostanza giunge alla stessa conclusione.

Lo studio Risk factors for 5-year mortality in people with hiv after cancer diagnosis, che in sintesi stima in 5 anni la sopravvivenza media delle persone con HIV dopo la diagnosi di cancro, ovviamente in Nord America dove forse il sistema sanitario ha consistenti spazi di miglioramento.

Sandro Mattioli
Plus aps

Dalla terrazza esterna del nuovo centro congressi di Seattle, dove c’è voluto tutto il mio coraggio per sedermi (soffro un po’ di vertigini) inizio l’ultima relazione… penultima va… che è proprio su un tema che mi è caro, per ovvi motivi: l’ageing. L’invecchiamento.
La plenaria di oggi è stata molto interessante perché un geriatra – George A. Kuchel, University of Connecticut – con una evidente propensione per l’infettivologia ha tenuto finalmente una relazione dove sono stati messi a confronti modelli e dati relativi all’invecchiamento con e senza HIV.

Quella che a troppi medici infettivologi italiani sembra poco più che una seccatura su cui fare battute sportive, al Croi viene presa così sul serio da trovargli spazio in una plenaria davanti ad alcune migliaia di medici (e alcuni attivisti).

Lo studio di Greene pubblicato su JAIDS 2015, ha arruolato una coorte di persone con HIV adulte. Come si vede dall’immagine vengono descritti problemi che portano alla diagnosi di sindrome geriatrica che normalmente il medico riscontra in persone intorno agli 80 anni, se non che i dati fanno riferimento a persone con HIV di 60 anni o più giovani.

Che è, in sostanza, quello che sostiene il prof. Guaraldi in Italia basandosi sui dati raccolti dalla coorte di Modena. La presentazione prosegue con altri due studi del 2013 e del 2015 dove si spiega come HIV acceleri o accentui l’invecchiamento. Detto questo il geriatra spiega che il processo invecchiamento è multifattoriale, ossia non è un solo elemento che va in on e si incomincia ad invecchiare. I fattori sono molti, per esempio la metilazione del DNA, e HIV interviene a favorire o bloccare alcuni di essi provocando una accelerazione.

Con l’invecchiamento precoce avviene quella che Kuchel definisce, forse in modo un po’ avventuroso, un altro tipo di crisi AIDS ossia l’insorgenza di co-patologie, “un numero crescente di pazienti con HIV vive più a lungo ma invecchiano più velocemente mostrando precocemente segni di demenza e fragilità ossea che solitamente si vedono in pazienti più anziani (tradotto da David France, published nov. 1, 2009). E il punto non sta nel non voler invecchiare o pensavate di vivere per sempre, come mi sono sentito rispondere anche di recente da pregiati infettivologi in Italia.

Il punto è che questi temi vanni tenuti presente e alcuni problemi possono essere diagnosticati precocemente in modo da rendere meno penosa e più in salute le persone con HIV.
Ovvio che invecchiare è un processo naturale, dovrebbe essere altrettanto ovvio per dei clinici seri collaborare con i colleghi che si occupano di geriatria e portare dati a supporto invece di canzonare o fare battutine. Il dott. Kuchel infatti cita quello che sembra essere un problema anche negli USA: le barriere istituzionali. Siamo tutti così chiusi nei nostri settori che ci risulta difficile collaborare con altri. E con “settori” intende quelle che in Italia si chiamano società scientifiche e anche le istituzioni sanitarie che, a suo dire, dovrebbe essere meno concentrate sui propri obiettivi, più collaborative.

Sandro Mattioli
Plus aps