Ancora sinergie per un futuro possibile: Lisbona, GAT e Checkpoint LX

Paolo LXContinuano le avventure del giovane attivista. Nello scorso episodio, riflettevo sull’esperienza di Glasgow HIV Therapy 2014.
Questa volta, vi parlerò di Checkpoint LX, un progetto fantastico di GAT (Grupo de Ativistas sobre Tratamentos) in cui ho avuto il privilegio di lavorare. Durante il primo modulo di STEP-UP, EATG Training Academy, ci è stato suggerito di imparare ad entrare in rete con colleghi di altri paesi, di sfruttare tutte le occasioni per condividere riflessioni, esperienze, buone pratiche, informazioni. Detto fatto. Proprio a Glasgow, grazie alla mediazione del mio collega Ricardo Fuertes (responsabile di In-Mouraria, a Lisbona), ho conosciuto Maria José Campos e Miguel Rocha, di Checkpoint LX, ed è stato amore a prima vista.
Noi di Plus Onlus siamo all’opera per l’apertura di BLQ Checkpoint, il primo centro community-based italiano in cui sarà possibile effettuare test HIV (gratuito, anonimo e confidenziale) a risposta rapida, con un percorso di accompagnamento personalizzato e fornito “alla pari”.
Uno spazio in cui, oltre alla mera somministrazione del test, ci sarà spazio per discutere delle tematiche relative ad HIV e sieropositività in un clima rilassato e informale, con operatori appartenenti alla comunità LGBT e adeguatamente formati sul tema.
Una novità assoluta, per l’Italia. Per fortuna, niente di così nuovo per il resto d’Europa. Checkpoint GATLX, a Lisbona, fa esattamente questo. Così, l’idea di andare a lavorare un po’ con loro per acquisire competenze sul campo, è stata immediata e spontanea. A Novembre se n’è parlato, il 10 Gennaio atterravo a Lisbona per iniziare questa esperienza.
I primi giorni hanno richiesto un po’ di assestamento: parlavo già portoghese piuttosto bene, tuttavia non mi ero mai occupato di temi relativi alla salute in lingue che non fossero italiano o inglese, per cui ho avuto bisogno di costruirmi il lessico specifico del settore in questa terza lingua, approfittando della disponibilità e pazienza dei colleghi del posto. Molto bene, sfida entusiasmante.
Ad attendermi nel Checkpoint un piano di formazione stilato con estrema precisione, che prevedeva la mia integrazione graduale nelle attività del centro: i primissimi giorni a chiacchierare della teoria e di certe questioni preliminari (il codice etico, le procedure, la divisione dei compiti, le tipologie di servizi erogati), subito dopo la possibilità di affiancare i colleghi in alcune delle attività, poi le visite programmate ai centri in cui si realizzano altri progetti di GAT relativi ad aree di intervento simili o comunque prossime, infine la collaborazione a pieno titolo nella somministrazione dei test, nella realizzazione dei questionari, nella gestione dei materiali e della struttura.
Ciò che Checkpoint LX offre attualmente è molto più che il solo test HIV: si realizzano infatti anche screening di HCV (epatite C), HPV (papilloma) e sifilide ed è attivo un servizio gratuito di monitoraggio di tutte le malattie a trasmissione sessuale (CheckList) curato dalla Dott.sa Maria José Campos. Certo, mi spiega João Brito, responsabile di Checkpoint LX, non è stato così fin dall’inizio: la prima fase di lavoro di questo progetto è stata meno pretenziosa, si è partiti dal solo test HIV, accompagnato da counselling, e da un importante processo di raccolta ed elaborazione dati, in collaborazione con l’Università di Porto, che ha permesso di capire molto sull’utenza del centro e di riadattare il servizio offerto in base alle reali esigenze di chi ne fruisce. Checkpoint LX In_Mourariaè un centro rivolto principalmente a MSM (acronimo che sta per “Men having Sex with Men“, uomini che fanno sesso con uomini), ma resta aperto a chiunque voglia fruirne, a libero accesso, senza necessità di prenotazione.
I tre aggettivi chiave relativi al servizio offerto sono: Gratuito, Anonimo, Confidenziale, mi spiega Miguel Rocha, soffermandosi molto sulla necessità di trattare con assoluta riservatezza tutte le informazioni che emergono nel rapporto con gli utenti.
Se incontri per strada un utente che hai conosciuto qui dentro – mi spiega Nuno Pinto – in reception, non lo saluti e ti comporti come se non lo avessi mai visto: il fatto di essere tutti membri di una stessa comunità deve rimanere un punto di forza della nostra struttura, non un elemento di criticità. Prosegue: La reception è il luogo in cui devi essere sufficientemente accogliente da non trasmettere freddezza, ma anche asciutto e rapido. Devi capire tutto con poche domande, a voce bassa, l’utente non deve trovarsi costretto ad essere riconosciuto/identificato da altre persone che si trovino eventualmente in attesa. Niente di nuovo, per me che ho partecipato varie volte alle Testing Week di Plus, ma fa sempre bene ricordare certi dettagli.
Come dicevo, MSM è l’acronimo che identifica un gruppo variegato: non soltanto l’uomo gay -che si riconosce nella comunità LGBT, che appartiene ad un certo universo culturale-, ma anche l’individuo di sesso maschile che (a vario titolo, magari non abitualmente, probabilmente senza sentirsi membro di una comunità o senza appartenere ad un certo panorama culturale di riferimento) fa sesso con altri uomini.
Checkpoint LX accoglie anche altre persone, naturalmente, con un’attenzione speciale per coloro che col sesso ci lavorano.
Altro progetto coordinato da GAT, che interseca il lavoro del Checkpoint pur senza essere esattamente la stessa cosa, è quello curato da Júlio Esteves. Si tratta di interventi mirati di assistenza a chi si prostituisce in appartamento. Il tipo di lavoro che Júlio svolge si realizza principalmente in outreach.
Oltre ad operare nel Checkpoint, due giorni alla settimana, lavora all’esterno per tutto il resto del tempo. Grazie ad anni di mediazione tra i lavoratori e le lavoratrici del sesso e gli enti e le organizzazioni che forniscono servizi per la salute, si è creata una rete di contatti incredibilmente vasta e ramificata. Per chi lavora col sesso, l’appartamento è anche un po’ una prigione, mi spiega, Broken promises killperché ogni volta che ti allontani, per una qualunque ragione, rischi che ti arrivi la chiamata di un cliente, e di non poterlo ricevere. In un clima, peraltro, di grande crisi, in cui la concorrenza è tantissima e feroce, i prezzi medi per le prestazioni piuttosto bassi, la disponibilità dei clienti scarsa. In un simile contesto, l’interesse per la propria salute può anche essere alto (ed è spesso incredibilmente più alto in confronto a quello di altri tipi di popolazione), ma i tempi di attesa, lunghissimi, per ottenere prestazioni sanitarie in strutture pubbliche, possono scoraggiare. Per questo il Checkpoint, grazie alla particolarità di avere i test rapidi, diventa per i Sex Worker il miglior luogo possibile in cui occuparsi attivamente della prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale.
Inoltre, grazie ad un sistema che prevede visite a domicilio su richiesta, Júlio mantiene un rapporto costante col mondo della prostituzione in appartamento e ottimizza il tempo trascorso nelle case consegnando gratuitamente kit di prevenzione (preservativi, lubrificanti e femidom).
Ho avuto l’onore di essere portato in queste visite e di capire come il tipo di supporto che si offre vada molto oltre la semplice consegna di materiali: si chiacchiera, si discute, si parla di salute sessuale, spesso c’è un bisogno forte di entrare nel personale, di raccontarsi. Bisogna capirsi, parlare la stessa lingua, conoscere i codici comportamentali e rispettarli. Come in qualunque ambiente.
Gruppo GATEssere un operatore che si occupa di salute non può costituire il pretesto per salire in cattedra, ma, al contrario, può diventare l’occasione giusta per scendere dal piedistallo, rilassarsi, abbandonare giudizi e pregiudizi, entrare in contatto in modo autentico. Diversamente, non funziona.
Essere considerato peer (pari) da un altro uomo gay come te è sicuramente più semplice e naturale, ma essere considerato un “pari” da qualcuno che fa cose molto diverse da quelle che fai tu (almeno nel tuo immaginario) è qualcosa che richiede umiltà, rispetto e apertura.
Il mondo del lavoro sessuale è fatto anche di persone che lo fanno per scelta, di genitori, di figli e figlie, di studenti universitari, di persone transessuali, di ragazzi e ragazze non più giovanissimi, di persone provenienti dai più disparati paesi.
Altra realtà interessante, già citata, ma di cui intendo parlarvi un po’ meglio, è il centro In-Mouraria. Quartiere piuttosto centrale di Lisbona -incredibilmente affascinante, con le sue strettissime salite e le case diroccate-, Mouraria si sviluppa a partire dalla piazza di Martim Moniz.
Vi si sono concentrati, per anni, una serie di fenomeni: la vendita e il consumo di droghe (anche iniettive), la forte presenza di persone senza fissa dimora e di immigrati clandestini.
In una simile posizione, In-Mouraria nasce come centro dedicato prima di tutto alla salute sessuale e alla gestione delle dipendenze, ma assume ben presto, grazie alla sensibilità e all’esperienza dei suoi lavoratori, tutti i connotati di un punto di socializzazione fondamentale, in cui ci si conosce, si discute, si gioca, si parla, si beve e si mangia insieme.
In-Mouraria è il punto di partenza di un processo molto interessante: l’attivismo delle persone tossicodipendenti.
Nel centro si lavora soprattutto in termini di riduzione del rischio. Ancora una volta, non ci si trova in un posto in cui tutti si sentono più saggi, furbi, immacolati e moralmente accettabili di te -e, dunque, legittimati nel decidere per te che cosa dovresti fare della tua vita-, bensì in un luogo in cui il giudizio non entra mai e ci si occupa di questioni concrete. Non c’è la maestrina a dirti che devi smettere di bucarti, ma potresti trovare altre persone che lo hanno fatto (o che lo fanno ancora), pronte però a difendere con tutti i mezzi possibili, salute, diritti, benessere.
In-Mouraria non è un ambiente statico: cambia forma continuamente, si adatta ai bisogni di chi loCrew frequenta, stimola il confronto, ricerca ed accoglie le critiche ed i suggerimenti, attiva corsi, costruisce occasioni di socializzazione. Lo confesso: mi ci sono proprio sentito a casa ed ho avuto la sensazione che fosse così per tutti. Bello.
Naturalmente, nel conoscere e valutare queste ottime realtà portoghesi, mi sono sempre sforzato di vedere le principali differenze col nostro sistema. Ad esempio, da noi in Italia, il test HIV rapido non può essere effettuato se non da operatori sanitari. Questo comporta una serie di conseguenze: l’idea del Checkpoint è proprio quella di de-medicalizzare la prevenzione, creando un ambiente che, non sostituendosi alle strutture sanitarie del territorio, vada ad integrarne il servizio, offrendo qualcosa di differente e complementare.
Noi di Plus non ci siamo lasciati abbattere ed abbiamo deciso di strutturare il nostro centro in modo che potesse essere subito operativo ed efficace, inserendo nella nostra equipe di lavoro Campagna Plusquattro infermieri. L’esperienza condivisa della formazione è stata assolutamente positiva ed ora che siamo diventati un team affiatato, non vediamo l’ora di partire.
Le più recenti iniziative di somministrazione test presso la sede del MIT (Movimento Identità Transessuale), che generosamente ci ospita, hanno colpito nel segno: molta affluenza, molti colloqui, un clima caloroso. Lavorare insieme, durante la European Testing Week e nella settimana di San Valentino, è stato bello e abbiamo avuto la fortuna di poter contare anche sulla collaborazione degli amici del RED, che ci hanno volontariamente aiutato con l’accoglienza.
Senza dubbio il progetto del BLQ Checkpoint è il nostro principale motivo di orgoglio e costituisce l’occasione giusta per operare concretamente sul nostro territorio e per la nostra comunità. Inoltre, l’onda europea che ha visto sorgere un vero e proprio network di servizi comunitari per la salute, è un fenomeno che ci incoraggia e ci fornisce continui spunti di riflessione e opportunità di confronto.
Adesso i lavori sono in corso, apriremo prestissimo e non vediamo l’ora che siate tutti con noi a brindare per l’inizio di questa piccola grande rivoluzione. Perché noi combattiamo HIV, non le persone che vivono con HIV.

Paolo Gorgoni
Plus Onlus