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È l’ultima giornata della conferenza e si chiude in bellezza.
Tanto per far arrabbiare qualche italiano, ho deciso di partecipare alla sessione sulla PrEP delle 11… poi devo partire.
Si tratta di una sessione di un’ora e mezza nella quale ricercatori provenienti da mezzo pianeta descrivono come implementare la Prep. Si, implementare.
Noi siamo ancora a menare il can per l’aia con asserzioni idiote quando non discriminatorie, qui gli studi vanno avanti dando ormai per assunto che Prep funziona per cui a nessuno viene in mente di proporre studi di efficacia. Tutti si sono lanciati in studi di accesso allargato, implementazione, follow up.
Inizia le danze il dott. Siegler, un bel ragazzo dell’università di Atlanta, che presenta un piccolo studio sulla possibilità e accettabilità di una Prep a casa, con supporto streaming… non so se vi rendete conto della fantascienza. Ha mostrato anche il video, fatto in modo simpatico e rivolto a Black MsM (un gruppo molto esposto). In pratico la persona riceve a casa un kit con tutto il necessario per restare in Prep, per fare i test necessari per IST (HIV, sifilide, tampone orale e rettale con le relative istruzioni su come fare), per poi spedire il tutto. Come ho scritto c’è anche la possibilità di parlare con un medico o con un counsellor per via telematica, ma risulterà che solo la metà del gruppo ha giudicato utile questa possibilità. Naturalmente si tratta di un piccolo pilota e anche il ricercatore nelle sue conclusioni afferma chiaramente che non si tratta di una soluzione universale. Potrebbe semplicemente essere una possibilità, da non sottovalutare stante che i ¾ dei partecipanti erano molto interessati all’utilizzo dei componenti del kit per testare le IST, che è costo efficace, che i partecipanti sono stati super aderenti.

Il successivo intervento era in pratica un follow up dello studio Caprisa 008 del 2010, sull’utilizzo topico del gel al tenofovir. In questo caso la delivery veniva fatta attraverso quelli che noi chiameremmo consultori familiari. La modifica, dalla clinica ai consultori, pare che sia piaciuta ma i risultati non sono stati esaltanti in termini di aderenza, se è vero che la presenza del farmaco nei tessuti vaginali ai controlli non è risultata altissima. Ricordo che 2 anni fa una ricercatrice lamentava non tanto la capacità del gel, che pare funzioni, quanto la scomodità dello strumento da utilizzare in loco.

La presentazione successiva riguardava l’utilizzo di Prep nelle coppie sierodiscordanti. Si tratta di uno studio dimostrativo realizzato in Uganda. La persona sieronegativa veniva messa in Prep per il periodo necessario al partner positivo, in trattamento, a raggiungere la soppressione virale, in genere almeno sei mesi. Il partner negativo ha assunto una pillola al giorno di Truvada, dopo aver chiarito che si sarebbe trattato di una assunzione a tempo. Per comprendere al meglio sia le motivazioni che l’aderenza, alle persone arruolate nello studio sono state proposte interviste qualitative registrate in audio e tradotte in inglese. La maggioranza delle persone in Prep erano donne, alcune (il 14%) hanno interrotto il trattamento a causa di una gravidanza, solo il 2% per una sospetta sieroconversione. Dalle interviste è emerso che, a fronte di una serie di dubbi iniziali sulla prep (timore degli effetti collaterali, adeguarsi al concetto “nuovo” di prendere medicine come prevenzione, ecc.), una volta che le utenti si sono abituate alla prep, che gli effetti collaterali sono scomparsi, di fronte al susseguirsi di test per HIV con esito negativo, la fiducia sullo strumento si è incrementata al punto che molte delle partecipanti hanno chiesto di restare in Prep perché dava loro una maggiore sicurezza, mentre è risultata chiara la pochissima fiducia nella capacità di prevenzione della Tasp del partner anche dopo il raggiungimento della soppressione virale.

La presentazione della SFAF (San Francisco Aids Foundation) la cito per dovere di cronaca stante la fantascienza applicata alla vita che rappresenterebbe per noi poverette. Si tratta si uno studio di implementazione della Prep, rivolto in primis alle persone trans o, meglio, cis gender men. Dei 1252 utenti screenati, il 92% asseriva di fare sesso senza preservativo , una parte nettamente inferiore aveva come fattore di rischio un rapporto monogamo con partner HIV+, una parte, circa il 3,6%, aveva un basso fattore di rischio dato dall’uso costante per condom ma è stata arruolata lo stesso perché gli utenti volevano sentirsi più sicuri.
Interessanti i dati sull’aderenza: il rispetto della visita programmata è passato dal 80% del primo mese all’84% del 16esimo mese, l’aderenza farmacologica supera il 95% e non accenna a calare. Storia diversa per le IST: al 16esimo mese si nota un incremento di un paio di punto delle infezioni rettali e della silifide, un incremento di 3 punti percentuali delle infezioni al cavo orale e all’uretra. Rispetto ai numero di rapporti sessuali senza condom, una netta prevalenza dei partecipanti allo studio non ha effettuato cambiamenti (49%), mentre una parte minoritaria, ma non insignificante, ha incrementato i rapporti senza condom che restano però stazionari con il passare dei mesi (34-39%). Questo tipo di Prep community delivered, perché distribuita e gestita dall’associazione, si è dimostrata efficace e, dalle interviste condotte, gradita perché pone la parola fine sulla paura del contagio (per citare uno degli intervistati).

La dott.ssa Heffron ci ha illustrato uno studio dimostrativo teso a ottimizzare la frequenza di controlli renali necessari a chi si sottopone alla Prep. Vi calmo subito dicendovi che il calo nella creatinina è un evento raro, nello studio addirittura il 75% chi aveva avuto un calo nella clereance non è stato confermato nei test successivi. Per cui parliamo di test da fare perché consigliati, ma per stare dalla parte dei bottoni. In sostanza viene confermata la raccomandazione del CDC di un test ogni 6 mesi. L’ultima presentazione viene dall’Australia, che tutto ha tranne che necessità della Prep e invece li è stata attivata e ci viene presentato pure uno studio di implementazione nelle comunità del Nuovo Galles del Sud. Non ne hanno un gran bisogno perché le nuove diagnosi in Australia sono stazionarie dal oltre 10 anni, tuttavia il governo locale ha deciso di migliorare la situazione già buona aggredendo anche quello zoccolo duro. Dopo tutto il piano strategico nazionale, perché l’Australia ha un piano (sic!), in pratica dice che test frequenti, trattamento precoce, prevenzione, può portare alla fine di HIV entro il 2020… Vedremo. Gli arruolati sono tutti MSM con una storia di rapporti a rischio, o uso di mentanfetamine, o diagnosi di gonorrea o clamidia rettale, o sifilide. Lo studio si chiama EPIC (Expanded Prep Implementation in Communities) e in effetti si propone di arruolare circa 3.700 MsM entro il 31 dicembre 2016. La fine del trial è prevista per dicembre 2018. Come farò a sopravvivere alla curiosità?!

Questa di Durban è stata fra le più classiche IAC alle quali ho avuto la fortuna di partecipare, accomunabile a quella di Città del Messico del 2008 per la forza delle associazioni e degli attivisti. In effetti sia in Africa che in America Latina si muore ancora troppo di Aids e la discriminazione su HIV è fortissima. Basti pensare che allo stand delle sex worker cercavano di capire come ovviare al fatto che le donne non possono tenere condom nella borsa perché se no rischiano l’arresto come prostitute. Il corto circuito è evidente. Qui essere omosessuale è un rischio in sé. In molti, troppi, paesi africani non ci sono dati sul contagio fra gli MsM banalmente perché essere gay è fuorilegge, un reato punibile con il carcere, se non peggio. Qui gli attivisti rischiano in proprio, vanno spesso contro la legge, vanno ben oltre al metterci la faccia. Ma hanno una forza interiore davvero incredibile e molti di coloro che hanno partecipato alla conferenza, l’hanno trasmessa parlando dai palchi, arringando i partecipanti, ballando, distruggendo lo stand di Gilead. Il coraggio sta nell’agire, se davvero vuoi che le cose cambino.

Chiudo informando tutti che EMA, European Medicine Agency, ha raccomandato il 21 luglio 2016, l’approvazione dell’uso di Truvada per la Prep. Ora tocca agli stati nazionali. Si va avanti.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

La partecipazione di Plus alla Conferenza Mondiale Aids 2016 di Durban, è stata resa possibile grazie ad un contributo di ViiV Healthcare.

Oggi alla Conferenza mondiale Aids di Durban il tema della plenaria erano le “chiavi”: key barriers, key population. È apparso un personaggio davvero singolare.
Cyriaque Ako, attivista gay ivoriano ovviamente sieropositivo, con tanto di corona (un suo fan mi sussurra che è una royal person… mah!), ci arringa su come non sia possibile arrivare alla fine di hiv se non vengono fatti programmi per aggredire hiv la dove principalmente si annida: nelle popolazioni chiave. Fra queste gli msm sono una delle principali e fra le più neglette. Non si va da nessuna parte senza la fine della discriminazione e dello stigma che le popolazioni chiave subiscono. Oggi troppi paesi negano perfino la presenza delle popolazioni chiave.
Ci ricorda che cosa è l’equità:
• Ricerche e dati su ciò che funziona
• Soluzioni e tecnologie innovative
• Revisione a livello giuridico e politico su punti a noi mirati
• Programmi su misura
• L’inclusione nel processo decisionale e di programmazione a tutti i livelli
• Finanziamenti che giungono alle comunità
Ci ricorda l’importanza di avere il coraggio di essere attivisti per i diritti delle proprie popolazioni chiave nei nostri paesi, al ritorno dalla conferenza sarà questo atteggiamento che potrà cambiare le cose.
Richiama anche tutto il personale sanitario all’attivismo e a supportare programmi rivolti alle popolazioni chiave nei propri territori.
Noi siamo la chiave per chiudere la partita con hiv, dice Ako, e fa alzare in piedi tutti quelli che sono popolazione chiave: msm, transgender, idu, sex worker e tutti coloro che supportano le nostre azioni. Sta di fatto che quasi tutta la sala, enorme, è in piedi.
Chiude farcendoci gridare accesso, equità e diritti (lo slogan della conferenza) in 4 lingue diverse.
Una grande lezione di coraggio e iniezione di fiducia. Non so se mr. Ako si è portato dei fan, ma il pubblico lo ha prima accolto con strane grida, presumo caratteristiche del suo paese, poi sottolineavano ad alta voce alcuni passaggi del suo intervento un po’ come i fedeli fanno col predicatore. Una sessione strana ma di grande aiuto per l’entusiasmo che l’attivista ci ha saputo infondere.

La parte scientifica della plenaria non è che abbia raccontato chissà quali novità. Deborah Persaud, d
ella Jonhs Hopkins, ci ha spiegato che un elemento chiave nella ricerca della cura per HIV consiste nel combattere i reservoir, ossia materiale provirale residente per lo più in cellule cd4+T memory che è dimostrato sopravvivono alla arv per anni. Questo è il vero motivo per cui hiv non è curabile con le strategie attuali. Queste “riserve” forniscono il carburante per la ricrescita virale in caso di interruzione della terapia.
Secondo la relatrice, gli obiettivi verso cui orientare la ricerca sono l’eradicazione delle riserve virali e il controllo del rebound virale.
Al momento la strategia più efficace per limitare le riserve latenti è il trattamento precoce pur nella consapevolezza che, pur iniziando il trattamento anche solo a due mesi dal contagio, i reservoir si settano lo stesso, ma non evolvono. In altre parole strada lunga.

L’ultima relazione, HIV nella sanità mondiale e lo sviluppo di obiettivi sostenibili, è stata un lungo e accorato appello alla fine degli sprechi da parte dei governi e delle multinazionali, la fine della discriminazione con particolare riguardo a quella di genere con tanto di sostenitori che si sono alzati in silenzio e hanno portato all’attenzione dei media presenti i cartelli che avevano preparato e che ho fotografato ovviamente.

A seguire mi sono recato in un’altra sala per la sessione dal titolo AIDS activism over the generation. Speravo fosse una sezione interessante, in realtà è stata in buona parte una delusione. Pressoché a tutti gli argomenti gli attivisti più vecchi ricorrevano al come eravamo, i giovani alla necessità di coinvolgere i giovani.
Forse la riflessione più interessante, per noi europa-centrici, riguarda la introduzione dei farmaci nella metà degli anni 90. Viene chiesto cosa è cambiato e sembra che ancora nel 2002 non fosse cambiato molto per i paesi in via di sviluppo, viene ricordato che il presidente del sud africa proprio nel periodo della conferenza di Durban del 2000 si dichiarava negazionista, ma, a parte questo, l’accesso ai farmaci è stato un processo complesso e lungo per questi paesi. Sta di fatto in sud africa muoiono di aids e tb 400 persone ogni giorno. La metà di 10 anni fa, ma ancora decisamente troppi. Viene fatto di chiedersi se davvero l’accesso universale sia raggiungibile per queste popolazioni e se, quand’anche lo fosse, ci sia la possibilità di una qualche forma di controllo dell’epidemia stante la vastità del problema.


Ammetto che nel pomeriggio ho fatto public relation al Global Village: ho salutato alcuni attivisti di Lila e EATG, parlato con una attivista sud africana rispetto al grande interesse per la Prep che pervade anche il continente africano, visitato alcuni stand fra cui quello di una curiosa associazione australiana dal nome Disclosure. Molto semplicemente o stand consisteva di uno striscione, un sofà e qualche cuscino. Le persone sieropositive erano invitate a sedersi e a raccontare il loro “coming out” per quando riguarda l’HIV.
Non ho potuto fare a meno di pensare che in Italia forse si siederebbero in 10 persone in tutto. Ma l’idea è bella, un modo per rendere pubblica la propria esperienza e farla quindi diventare un patrimonio di tutti, rendendola, nel contempo, meno pesante da gestire.
Sono passato allo spazio delle donne (quello con i reggiseni stesi), dove ho ascoltato un paio di interventi e un breve concerto rap. Sono passato dallo stand del ministero brasiliano della salute, pressoché sempre presente a queste conferenze, con tanti condom verdi.
Sono anche ripassato dallo stand del governo della provincia di cui ho già scritto, dove mi hanno offerto condom come se piovesse: alla fragola, alla banana, al mirtillo, ecc. Li porterò nella sede di Plus a disposizione dei soci di Plus e degli utenti del BLQ Checkpoint.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

La partecipazione di Plus alla Conferenza Mondiale Aids 2016 di Durban, è stata resa possibile grazie ad un contributo di ViiV Healthcare.

Plenaria di mercoledì 20, procede liscia fino alla seconda presentazione, di Anton Pozniak, sulla drammatica situazione relativa all’epidemia di TB che non accenna ad arrestare la sua marcia, quando viene interrotta da una ragazza che si alza e inizia un canto, subito seguita da altre decine di ragazzi e ragazze, adolescenti con cartelli scritti a mano protestano e chiedono condom nelle loro scuole e la possibilità di andare a scuola. Emerge che la mancanza di assorbenti fa perdere alle ragazze decine di giorni di scuola.
Solo 5 minuti di interruzione che definiscono la disattenzione che il Paese pone in problemi facilmente risolvibili, il tutto alla presenza del ministro sudafricano per la salute che spero si sia vergognato. Ora capisco perché il Global Village è murato di condom, o perché alla conferenza di Città del Messico negli ultimi giorni gli attivisti africani facevano razzia di condom in tutti gli stand. Sulla relazione di Pozniak, molto interessante, per non sovrappormi a quanto scriverà Giulio, mi limito a segnalare la sua soluzione per la TB, così come per HIV, le co-infezioni e le co-morbidità: $90 $90 $90. 90 dollari all’anno per il trattamento di HIV; 90 dollari all’anno per trattare HBV; 90 dollari per 12 settimane di trattamento di HCV. Ossia il costo dei trattamenti non deve più essere un tema, una denuncia fortissima in un continente che sopravvive pressoché solo grazie alle donazioni.
Chiaramente Pozniak ha ripreso gli obiettivi che si è data UNAids per porre fine all’epidemia di HIV: 90% delle persone HIV+ a conoscenza del loro stato, 90% delle persone con HIV in trattamento, 90% delle persone con HIV in trattamento efficace (soppressione virale raggiunta), il tutto entro il 2020… un obiettivo da nulla!

Vaccino, a che punto siamo?
Non voglio rischiare di sovrappormi a Giulio perché si è trattato di una presentazione con molti dati scientifici, per cui mi limito a dire che era un po’ che non assistevo a una presentazione tesa a fare il punto strano della situazione sui vaccini. Noto che le mie sensazioni a riguardo non sono cambiate: un mix di depressione per i piccoli passi avanti e i clamorosi passi indietro che sono stati fatti fin qui, ma anche di speranza e esaltazione per il lavoro che c’è da fare e le possibilità che si stanno aprendo. Purtroppo i risultati, anche solo per gli studi in corso, sono previsti nel 2020. Da li, forse, sarà possibile fare ragionamenti di più alto tenore.
Come già ha scritto Giulio, le conferenze mondiali Aids, diversamente da altre un po’ più scientifiche, hanno lo scopo di mettere insieme comunità di pazienti e medici\ricercatori per unire gli sforzi e tentare di vincere HIV. Spesso, quindi, le plenarie si trasformano in momenti di denuncia e/o di riscatto di situazioni drammatiche rispetto alle quali ben poco può la scienza. Molto potrebbe la politica che, come spesso avviene, è la vera assente di queste conferenze. E’ il caso dell’attivista gay HIV+ Michael Ighodaro. Vivere come gay in Nigeria, dove il tuo corpo, il tuo essere viene visto come un abominio e rischi la vita. Se sei gay sieropositivo e vivi in Nigeria, rischi la vita due volte. Il coraggio di un ragazzo che vive apertamente la propria condizione, che lavora

Michael Ighodaro
Michael Ighodaro

per una organizzazione che si occupa di MsM che vivono con HIV, lui che da giovane gay sieropositivo sta sferzando la conferenza dicendo basta a slogan vuoti, sta dicendo che è ora di fare qualcosa e sta anche dettando l’agenda, il cosa fare per avere davvero una generazione aids free: “io sono gay, sono nigeriano, sono un rifugiato a 22 anni. Il mio compagno è morto perché come gay non ha potuto avere accesso ai servizi. Se non potete darci altro che slogan vuoti, se non potete fare niente per risolvere queste situazioni, non avremo mai una generazione libera e senza hiv”. Ha dato una grande prova di coraggio, una grande prova di cosa vuol dire lottare come attivista, trovare il coraggio di denunciare una situazione insostenibile davanti a migliaia di persone, e ha definito una volta per tutte che la discriminazione e lo stigma aiutano la diffusione di HIV. La slide delle conclusioni di una presentazione precedente, chiudeva con il suggerimento “find a champion in your country, or be yourself one”. Michael il nigeriano ha preso alla lettera quella conclusione.

Il prof. Molina, il padre della Prep francese, ha iniziato la sua relazione sullo studio open label, una sorta di follow up del ipergay (il noto studio francese che ha acclarato l’efficacia della Prep), ma viene subito interrotto dall’ingresso di attivisti (sotto potete vedere alcuni momenti) che protestano per l’avidità delle case farmaceutiche; in particolare viene posto l’accento su Gilead, come potete vedere dai cartelli autoprodotti esposti, accusata di pensare solo al profitto e di essere troppo tiepida sul tema Prep (con Truvada). Non posso fare a meno di pensare che, al netto del pensiero pragmaticamente ovvio che le imprese farmaceutiche sono imprese, il loro obiettivo è fare soldi, in effetti Gilead sta dimostrando un disinteresse per la Prep con Truvada che a tratti trovo fastidioso. Sappiamo che Truvada è efficace, basterebbe poco per fare un “bel gesto” pur sapendo che il brevetto di Truvada è in scadenza, e fare la figura dei “buoni”. Cosa molto più utile, a mio avviso, di qualunque strategia commerciale, porterebbe maggior lustro a Gilead e, dunque, maggiori entrate.

Tornando al prof. Molina, come ho detto sopra, c’è poco da dire: lo studio open label ha ri-dimostrato l’efficacia sia del prodotto che della modalità di somministrazione (on demand). Ma ha anche evidenziato che le preoccupazioni dei soliti gufi si stanno dimostrando infondate. Le conclusioni di Molina non riportano significative variazioni nell’uso di condom, né un calo dell’aderenza al trattamento col passare del tempo. Viene confermato il dato del calo della paura di affrontare un rapporto sessuale con conseguente incremento del piacere per il rapporto in sé e non mi sembra un risultato irrilevante in termini di qualità della vita delle persone che vivono con HIV. Trova conferma dallo studio l’incremento delle IST, tema che secondo Molina deve essere affrontato. Non voglio in nessun modo sottovalutare il tema, penso che la possibilità di incremento delle infezioni a trasmissione sessuale ci dica come la PrEP vada erogata a un gruppo relativamente ristretto di persone ad alto rischio di contagio, come del resto previsto in tutti gli studi, previo counselling vero (non solo rapporto medico paziente) teso a comprendere a fondo le motivazioni di certe scelte e ad avere un supporto quanto meno prossimo alla relazione di aiuto. Come disse la signora Clinton alla conferenza di Washington “non c’è conferenza senza proteste”, oggi le sue parole hanno trovato conferma. Gli attivisti africani, forse perché hanno ancora il senso della vita che gli sfugge tra le mani, sono molto più attenti di noi e non ho avuto la sensazione che il gruppo degli MsM venga isolato\trascurato dalla comunità. Qui il tema del contagio incredibilmente altro fra i “Black MsM” è estremamente presente nelle attività che vedo al Global Village, con messaggi e campagne specificamente rivolti a loro. Non serve che dica che nulla di tutto ciò viene fatto in Italia dove la paura e l’ipocrisia la fanno da padrone.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

La partecipazione di Plus alla Conferenza Mondiale Aids 2016 a Durban, è stata resa possibile grazie a un contributo di ViiV Healthcare.

“Quando stavo per morire, volevo qualcuno vicino”. Con questa frase inizia la mia visita alla plenaria di oggi e la mia visita alla Conferenza Mondiale Aids 2016 a Durban.

Una conferenza che si presenta, fin dalle prime battute, molto centrata sul tema della discriminazione e dove i temi politici e sociali avranno un grosso peso.
Un frase forte che da la misura di quanto lo stigma pesi su questa gente, una frase che non può che trovarmi d’accordo. Se penso alla discriminazione che subiamo in Italia, dubito fortemente che una persona in fin di vita a causa dell’HIV abbia l’appoggio di molte persone, amici, parenti, comunità di appartenenza. Ma avremo senz’altro modo di affrontare ancora l’argomento.
Per riprendermi dalla plenaria depressiva, ho fatto un giro nel colorato mondo dell’associazionismo locale ed internazionale al Global Village…. e ho fatto bene. La fantasia, la voglia di continuare la lotta che il Village da sempre infonde a tutti coloro che lo frequentano, anche quest’anno si fa sentire. Tante donne, tanti femidom (tanti con una spugnetta rotonda in fondo perché, mi spiega una attivista, oltre ad assorbire “i liquidi”, va a toccare punti che “voi uomini” non riuscite nemmeno ad immaginare… passare per etero mi diverte sempre). Condom onnipresenti, in ogni forma, foggia, colore o gusto (al mirtillo non l’avevo ancora visto, chissà se lascia la lingua viola). Sono ricomparsi anche i dispenser per i preservativi, lunghi e rettangolari sono della misura giusta per far uscire un condom alla volta.
Un mondo multiforme quello del Global Village, con alcune riconferme come lo spazio di Condomize, ormai una certezza ad ogni conferenza, che quest’anno organizza spettacoli con ballerini locali, oltre alla solita reinterpretazione del condom. Musica e danza la fanno da padrona al Global Village, fin troppo ovvio il luogo comune, ma tant’è. Un gruppo di lavoratori e lavoratrici (Doris), che da noi sarebbero probabilmente inquadrati come operatori socio-sanitari, protestano per la mancanza di riconoscimento per il loro lavoro. Hanno organizzato un piccolo cimitero completo di lapidi sulle quali campeggiano le mancanze del Governo e le loro richieste. Protestano cantando (e pure bene), fanno un lavoro che spesso viene svolto da volontari non pagati e, quindi, loro ricevono salari bassi, assistenza scarsa, ecc. ecc. Proprio vero che tutto il mondo è paese.
Sono quelli che portano i farmaci alle persone con HIV nelle zone rurali, poverissime, interne del Paese (diversamente non avrebbero i mezzi per raggiungere i centri di delivery). Forse contribuiscono alla causa più di altri e sono qui a raccontare il loro disagio.
Dentro al Village è un fermento. C’è una donna che stende reggiseni e femidom a un filo, un sex worker nero coi capelli rossi che spiega la campagna sex workers do it better (che cosa c’è da spiegare…) a un paio di astanti e una sex worker che cerca di convincermi che l’aborto è una opzione possibile in caso di gravidanza. Non riesce a convincermi molto, ma mi dice che qui l’aborto è legale, tuttavia se ci provi ti discriminano (cosa nuova!) e che l’aids pediatrico è un problema enorme per il Paese. Dall’unione dei due problemi nasce la loro campagna.
Aides France ha un bellissimo spazio nell’area francofona del Global Village, una bella ragazza mi allunga una scatola di un nuovo medicinale: il Homophobiol, il primo trattamento sintomatico contro l’omofobia, indicato fin dalla comparsa dei primi sintomi: insulti, aggressività ecc. Trattare l’omofobia aiuta a combattere l’HIV. Un’idea davvero carina e divertente che usa l’ironia per abbattere l’omofobia.
Ovviamente ci sono anche gli spazi ufficiali di strutture governative (ovviamente perché non siamo in Italia). Fra le altre spicca la provincia di Gauteng che mostra opuscoli di prevenzione per pressoché ogni gruppo esposto, ne ha uno anche per il gruppo LGBT e perfino con due donne in copertina. Ma, al di la di questo, lo stand è bellissimo e, per me molto emozionante, con foto di uomini e donne che ci mettono la faccia, immagini accattivanti e fatte bene e, soprattutto, un banco di prova con un prova di falli di gomma, una ciotola di preservativi e un paio di signore nere dall’aria molto stile “mo vediamo che sai fare” (esame superato pfiu!). Uno stand del governo. Ricordate mi proporre il banco ai nostri assessori.
Fantastico lo spazio gestito dal MSMGF, il global forum sugli MsM, dove mi hanno preso, messo dentro a un enorme preservativo e fotografato. Una iniziativa simpatica, ottima per capire come si sente uno spermatozoo oltre che per dare informazioni. Tante idee, alcune originali alcune meno, ma danno la misura di quanto sia vivace la comunità internazionale e, cosa per me più importante, di quanto sia presente la comunità LGBT nei pensieri di questa conferenza, così come nelle precedenti del resto. Lascio a chi legge il paragone con quanto avviene in Italia.
Tornando alla MsM community, mi ha molto colpito il workshop intitolato Let’s lead our campaign. Diverse associazioni di pazienti hanno mostrato come cercano di risolvere il tema della visibilità e della discriminazione nei loro paesi. Il più “forte” è stato sicuramente il delegato dell’associazione Thai, Apcom, che ha mostrato una campagna dall’inequivocabile titolo Suck. F*#k. Test. Repeat, una campagna sul test indirizzata specificamente alla comunità MsM di quel paese. Il punto di forza sono dei video che, per immagini e simpatia, spiegano molto chiaramente come è stato possibile indirizzare, ad una community particolare, dei messaggi mirati, chiari, semplici e, soprattutto, efficaci.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

La partecipazione di Plus alla Conferenza Mondiale Aids 2016 a Durban, è stata resa possibile grazie a un contributo di ViiV Healthcare.