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Dopo che un rinomato virologo italiano mi ha detto di non aver nessuna fiducia sull’editing del genoma umano per trovare una cura definitiva contro HIV (ossia guarire), considerando la tutt’altro che remota possibilità che costui mi piazzasse li la solita “opinione d’esperto” invece di un parere basato su risultanze scientifiche, ho provato a cercare online qualcosa… e in effetti qualcosa si sta muovendo su questa linea.

Francamente mi viene da dire, qualcosa di più interessante delle solite ricerche tese a lasciare HIV nel nostro corpo ancorché tenuto sotto controllo. Qualcosa che ha ottenuto un premio Nobel per la chimica.

La sempre ottima associazione EATG ha pubblicato l’articolo che ho provato a tradurvi, sia pur in modo rapido.

L’editing genetico è ancora all’inizio del suo percorso, siamo ancora agli esperimenti nel brodo cellulare per cui campa cavallo, tuttavia a me sembra molto interessante e promettente… quest’ultimo aggettivo in parte indotto dalla mia voglia di guarire… un obiettivo che dovrebbe essere marchiato a fuoco sulla fronte di tutti gli attivisti, ma purtroppo non è sempre così, non in Italia almeno.

Sandro Mattioli
Plus aps

L’HIV nella coltura cellulare può essere completamente eliminato utilizzando la tecnologia di editing genetico CRISPR-Cas, aumentando le speranze di cura

Una nuova ricerca presentata Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (ECCMID 2024, Barcellona, 27-30 aprile) da un team di ricercatori nei Paesi Bassi mostra come la più recente tecnologia di editing genetico CRISPR-Cas può essere utilizzata per eliminare tutte le tracce di HIV provenienti da cellule infette in laboratorio, alimentando le speranze di una cura.

Gli studi, condotti dalla Dott.ssa Elena Herrera-Carrillo e da parte del suo team (Yuanling Bao, Zhenghao Yu e Pascal Kroon) all’UMC di Amsterdam, Paesi Bassi, rappresentano un passo avanti significativo nella ricerca di una cura per l’HIV.

La tecnologia di editing genetico CRISPR-Cas è un metodo rivoluzionario nella biologia molecolare che consente alterazioni precise ai genomi degli organismi viventi. Questa tecnica rivoluzionaria, che ha fruttato ai suoi inventori, Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier, il Premio Nobel per la Chimica nel 2020, consente agli scienziati di individuare e modificare con precisione segmenti specifici del DNA di un organismo (codice genetico).

Funzionando come forbici molecolari con la guida dell’RNA guida (gRNA), CRISPR-Cas può tagliare il DNA in punti designati. Questa azione facilita la cancellazione di geni indesiderati o l’introduzione di nuovo materiale genetico nelle cellule di un organismo, aprendo la strada a terapie avanzate.

Una delle sfide più significative nel trattamento dell’HIV è la capacità del virus di integrare il proprio genoma nel DNA dell’ospite, rendendone estremamente difficile l’eliminazione. Numerosi potenti farmaci antivirali sono attualmente in uso per il trattamento dell’infezione da HIV. Tuttavia, nonostante la loro efficacia, la terapia antivirale deve essere assunta per tutta la vita, poiché l’HIV può ricomparire dai serbatoi esistenti quando il trattamento viene interrotto. Gli autori spiegano che lo strumento di modifica del genoma CRISPR-Cas fornisce un nuovo mezzo per colpire il DNA dell’HIV.

Il nostro obiettivo è sviluppare un regime combinatorio CRISPR-Cas robusto e sicuro, cercando una “cura per l’HIV per tutti” inclusiva che possa inattivare diversi ceppi di HIV in vari contesti cellulari”. L’HIV può infettare diversi tipi di cellule e tessuti del corpo, ciascuno con il proprio ambiente e caratteristiche uniche. I ricercatori stanno quindi cercando un modo per colpire l’HIV in tutte queste situazioni.

In questa ricerca, gli autori hanno utilizzato delle forbici molecolari (CRISPR-Cas) e due gRNA contro le sequenze “conservate” dell’HIV, nel senso che si sono concentrati su parti del genoma del virus che rimangono le stesse in tutti i ceppi di HIV conosciuti, e hanno ottenuto l’eliminazione di HIV dalle cellule T infette. Concentrandosi su queste sezioni conservate, l’approccio mira a fornire una terapia ad ampio spettro in grado di combattere efficacemente molteplici varianti dell’HIV.

Tuttavia, spiegano che le dimensioni del veicolo (noto come “vettore”), utilizzato per trasportare la cassetta che codifica i reagenti terapeutici CRISPR-Cas nelle cellule, presentano sfide logistiche, poiché sono troppo grandi. Pertanto, gli autori hanno sperimentato varie tecniche per ridurre le dimensioni della cassetta e quindi del sistema vettoriale stesso.

In termini più semplici, stanno tentando di caricare bagagli di grandi dimensioni in un’auto compatta per un viaggio verso la cellula infetta, portandoli a trovare modi per ridimensionare il “bagaglio” (cassetta) per un trasporto più semplice. Un altro problema che gli autori volevano superare era il raggiungimento delle cellule serbatoio dell’HIV che “rimbalzano” quando il trattamento antiretrovirale per l’HIV viene interrotto.

Gli autori hanno valutato ulteriormente vari sistemi CRISPR-Cas di diversi batteri per determinarne l’efficacia e la sicurezza nel trattamento delle cellule T CD4+ infette dall’HIV. Hanno condiviso i risultati di due sistemi, saCas9 e cjCas. SaCas9 ha mostrato prestazioni antivirali eccezionali, riuscendo a inattivare completamente l’HIV con un singolo RNA guida (gRNA) e ad asportare (tagliare fuori) il DNA virale con due gRNA.

La strategia di ridurre al minimo le dimensioni del vettore ha avuto successo, migliorandone la consegna alle cellule infette da HIV. Inoltre, sono stati in grado di prendere di mira le cellule serbatoio dell’HIV “nascoste” concentrandosi su proteine specifiche presenti sulla superficie di queste cellule (CD4+ e CD32a+).

Gli autori affermano: “Abbiamo sviluppato un efficiente attacco CRISPR combinatorio sul virus HIV in varie cellule e sui luoghi in cui può essere nascosto nei serbatoi, e abbiamo dimostrato che le terapie possono essere somministrate specificamente alle cellule di interesse. Questi risultati rappresentano un progresso fondamentale verso la progettazione di una strategia di cura”.

Gli autori sottolineano che il loro lavoro rappresenta una prova di concetto e non diventerà domani una cura per l’HIV. Inoltre: “I nostri prossimi passi riguardano l’ottimizzazione del percorso di consegna per colpire la maggior parte delle cellule serbatoio dell’HIV. Combineremo le terapie CRISPR e i reagenti mirati ai recettori e passeremo a modelli preclinici per studiare in dettaglio gli aspetti di efficacia e sicurezza di una strategia di cura combinata. Ciò sarà determinante per ottenere un rilascio preferenziale di CRISPR-Cas alle cellule serbatoio ed evitare il rilascio in cellule non serbatoio.

Questa strategia è quella di rendere questo sistema il più sicuro possibile per le future applicazioni cliniche. Ci auguriamo di raggiungere il giusto equilibrio tra efficacia e sicurezza di questa strategia CURE. Solo allora potremo prendere in considerazione sperimentazioni cliniche di “cura” negli esseri umani per disattivare il serbatoio dell’HIV. Sebbene questi risultati preliminari siano molto incoraggianti, è prematuro dichiarare che esiste una cura efficace per l’HIV all’orizzonte”.

Articolo originale.

La Conferenza EACS 2023 si avvia al termine. Ormai buona parte dei quasi 3.000 delegati e delle delegate se ne sono andati, il che non è mai un buon segno. Ma incominciamo con gli aspetti positivi a partire dal fatto che la nostra piccola associazione è riuscita a portare alla conferenza Enrico Turchetti, uno dei nostri attivisti più “attivi”. Enrico, alla sua prima esperienza, ha praticamente svernato in conferenza, passando da una sessione all’altra come se non ci fosse un domani, salvo poi chiedersi “come mai sono così stanco?”.

Con questa conferenza, posizionata a Varsavia, è palese che si è voluto dare un segnale politico di attenzione rispetto alla situazione dell’Est Europa, che non è affatto buona in termini di nuove diagnosi. Una situazione favorita anche dalle politiche di alcuni governi, incluso quello polacco (che però ha appena perso le elezioni, per cui speriamo bene) che discriminano invece di tutelare. Vi ricordo che la Polonia è quella della “LGBT free zone” e così via. In generale, i dati di incidenza che ci hanno mostrato nel corso della conferenza, vedono un’alta percentuale di diagnosi da rapporti sessuali etero (in larga maggioranza maschi), pochissimi dicono di essere gay in questi paesi ovviamente, chi vorrebbe essere discriminato per l’orientamento sessuale e poi pure per lo stato sierologico?

Queste politiche sciagurate incidono sulla prevenzione, che ovviamente non viene rivolta laddove HIV si annida. Sorte simile tocca agli Injection Drug User (IDU) per i quali, in alcuni Paesi, le strategie di riduzione del danno (siringhe pulite, sostanze sostitutive, ecc.) semplicemente non sono attivate o addirittura vietate. Quindi non c’è da stupirsi che HIV ringrazi i governanti e corra libero in Europa dell’Est.

C’è stata molta presenza di attivisti in questa conferenza sia locali, che da altri Paesi (fra cui l’Italia) e un grosso sforzo organizzativo da parte di EATG (European Aids Treatment Group) una splendida associazione continentale che ha organizzato la formazione “STEP” sulla cura, dedicata a Giulio. Abbiamo potuto finalmente rivedere attivisti da tutto il Continente, riallacciare i rapporti, scambiarci pareri ed esperienze… insomma abbiamo fatto community e svolto il nostro ruolo principale, cosa che non sembra ancora chiara in Italia.

Di base ad ogni conferenza io cerco di seguire soprattutto le sessioni in plenaria, perché di solito sono le più importanti o con nomi “di grido”. Sicuramente la lettura magistrale del dott. Molina sulla PrEP è stata la meglio eseguita.
Finalmente anche in Europa si è parlato di co-patologie legate a HIV. Ebbene sì HIV non ha affatto esaurito la sua storia e non solo perché non abbiamo le conoscenze per realizzare una cura eradicante (ossia l’unica cura vera), ma perché HIV incrementa il rischio di una serie di patologie.
Situazione che noi viviamo quotidianamente, ma che in Italia è ancora poco trattata.
Belle anche le sessioni sull’incremento delle IST, sull’invecchiamento precoce delle persone con HIV, sull’utilizzo di Cabotegravir come PrEP.

Passiamo agli aspetti negativi.

Di regola non partecipo spesso alla conferenza EACS perché da diverso tempo è stata di fatto “declassata” a congresso utile a riportare a livello continentale quello che viene detto nelle conferenze più importanti (CROI, IAS). Allora tanto vale andare in quelle importanti. Anche dal confronto con ricercatori e medici, è emerso che la ricerca è quasi completamente mancata in questa conferenza. Aggiungo che alcune sessioni sono stati organizzate male, con panelist che esponevano dati vecchi, con un inglese stentato e pochissimo engagement con il pubblico, per esempio la sessione sul Mpox che è stata tra le più noiose, tranne che per le relazioni di Nicolò Girometti (ex

specializzando del S. Orsola, serenamente emigrato verso lidi dove i professionisti brillanti vengono apprezzati), più vicine a una lecture per la qualità dei dati e l’eleganza espositiva. Ne approfitto per scusarmi con Nicolò che nel salone mi è passato sotto al naso, mi ha salutato passando un po’ di fretta e io non l’ho riconosciuto subito… gioie dell’età.

Solo una piccola nota fastidiosa dovuta al fatto che in ben due occasioni non mi è stato possibile entrare nelle sessioni perché riservate ai prescrittori. In sintesi, erano sessioni governate da due case farmaceutiche che hanno deciso chi poteva entrare e chi no. Non mi è mai capitato prima ed è davvero strano, neanche dovessero contrattualizzare una operazione di corruzione.
Care aziende se lasciate fuori gli attivisti, soprattutto se persone con HIV che quelle pillole le ingoiano, non fate una bella figura né in termini di trasparenza, né in termini politici.

Mi dispiace sottolineare come le associazioni locali tendessero a giustificare la situazione adducendo motivi tecnico-normativi (neanche la Polonia fosse questo faro del diritto globale), mi è parso evidente che sfuggisse il punto politico della decisione delle multinazionali del farmaco.

Sandro Mattioli
Plus aps

Oggi è iniziata la conferenza europea sull’AIDS.
Non la frequento spesso perché, da diversi anni, è di fatto una dependance del CROi o della IAS quando non di altre conferenze internazionali che, negli anni, hanno acquisito maggior prestigio.
Tuttavia quest’anno ho deciso di andare, anche avevo banalmente voglia di rivedere diversi attivisti, soprattutto di EATG, che non vedevo fisicamente da tempo causa covid.
In effetti ho rivisto diversi fra loro ed è sempre una gioia parlare de visu con persone acute, non per caso il top dell’attivismo europeo.
Sono a Varsavia insieme a Enrico Turchetti, un attivista di Plus tra i più energici, alla sua prima conferenza internazionale.

La prima giornata della conferenza si è aperta con i corsi pre-congressuali e noi abbiamo entrambi scelto di partecipare al workshop proposto da EATG sulla cura, fortemente voluto da Giulio Maria Corbelli al quale è stato dedicato con un toccante commemorazione a cura di uno dei membri storici dell’associazione continentale: Brian West.
Vi dico subito che, come era facile immaginare, siamo molto lontani da trovare la chiave per eliminare HIV dal nostro organismo. Infatti i relatori hanno cercato di spiegarci quale tipo di approccio o di strategia potrebbe essere sensato ricercare, stanti le conoscenze attuali che sembrano ampie, e in generale lo sono, ma sul tema eradicazione non lo sono affatto.
Tanto è vero che prende piede l’ipotesi di cercare il modo di tenere controllata la replicazione virale senza la ART (terapia anti-retrovirale).

Un modus operandi che trovo irritante, sia perché non tiene per nulla conto della volontà di chi vive con HIV (guarire?), sia perché avere HIV nel corpo, anche residuale, ci espone comunque all’attivazione del sistema immunitario e alla successiva infiammazione.Non so quanti ne siano realmente al corrente: HIV è certamente noto perché distrugge il sistema immunitario e ci espone alle patologie AIDS correlate. Tuttavia HIV agisce anche attivando il sistema immunitario. A sua volta questa azione comporta uno stato infiammatorio cronico che danneggia gli organi, aiuta l’insorgenza di patologie anche gravi e neoplasie.Qualcuno dice che l’eradicazione oggi è una chimera, tuttavia, da quello che ho sentito nelle presentazioni, anche la remissione (il controllo di HIV senza ART) sembra tutt’altro che a portata di mano. Mi chiedo quindi se non abbia senso investire in una ricerca di alto profilo.

Dopo pranzo, e dopo altre pubbliche relazioni varie, abbiamo partecipato alla cerimonia di apertura. Una fra le più tristi a cui abbia mai assistito, a partire dalla lettura fatta da una ricercatrice polacca che ha incentrato la relazione principalmente sull’evoluzione epidemiologica di HIV nell’Est Europa e sulle differenze con l’Ovest: l’Est vede una consistente maggioranza di diagnosi fra eterosessuali e IDU (utilizzatori di sostanze per via iniettiva), mentre l’Ovest vede un numero alto di MSM (maschi che fanno sesso con maschi), e ci mostra una serie di dati epidemiologici francamente ridicoli. In buona parte dell’Est Europa, Polonia inclusa, lo stigma e la discriminazione verso gli MSM sono ancora altissimi, se possibile peggio che in Italia. Ovvio che pochissimi MSM dichiarano sesso fra maschi come causa di contagio. Speriamo che le nuove elezioni polacche portino qualche cambiamento, ma fino a ieri era in voga la teoria della zona LGBT free. Almeno avesse avuto l’intelligenza di far presente questo bias, secondo me molto consistente.

Sono seguiti i soliti interventi delle autorità (Ministro della Salute in primis) che, al contrario di ciò che accade in Italia, hanno partecipato e parlato. Ricordo, così per sfizio, che all’ultima conferenza mondiale AIDS tenuta in Italia, a Roma, venne il Sindaco della capitale a porta i suoi saluti. Nessuna istituzione nazionale si affaticò a partecipare. Tanto per dire quanto in Italia il tema HIV/AIDS sia di interesse per la politica e i vari ministri. Non posso fare a meno di pensare che le posizioni letteralmente fuori dal mondo che il Ministro Donat Cattin ebbe il coraggio di esprimere in piena crisi AIDS anni fa, abbiano ancora un certo appeal fra certi tromboni, autocentrati della politica italiana.

Le associazioni locali si sono date molto da fare per l’occasione. Hanno preparato diversi eventi sociali tesi a far capire alla popolazione generale che HIV non ha affatto finito di far danni. Fra gli altri uno spettacolo di una stella drag locale, una maratona (alla quale un attivista ha insistito per mezz’ora perché partecipassi, inutile dire che non ci penso proprio) e così via.

La serata si è chiusa con un breve spettacolo di un artista rock locale (mondialmente noto a Varsavia) e con il cosiddetto welcome reception ossia cibo e beveraggio gratis. Enrico non ha smesso un attimo di lamentarsi perché stava mangiando troppo (continuando a mangiare ovviamente). Adoro.

Sandro Mattioli
Plus aps

Se una persona senza una particolare preparazione dovesse leggere certe dichiarazioni che appaiono con allarmante frequenza su Facebook, sarebbe naturalmente indotta a credere che la PrEP è una pazzia frutto del delirio se non, come è stato scritto, degli interessi miei personali o dell’associazione Plus.
Il che ovviamente è completamente destituito di ogni verità, nonché di qualunque base scientifica… si perché Plus è abituata a ragionare sulla base dei risultati degli studi scientifici, non delle farneticazioni di un qualunque tizio che si vuole impropriamente accreditare come interlocutore.
Chiariamo anche la faccenda degli interessi, che è stata lasciata intendere su alcuni post su Facebook: sono un lavoratore dipendente di una impresa di ristorazione leader in Italia ma certamente non una multinazionale, mi si applica il contratto nazionale del turismo i cui minimi salariali sono pubblicati per cui potete tranquillamente andare a vedere che cosa guadagno come secondo livello; non sono a libro paga di nessuna multinazionale… magari, sicuramente avrei un salario diverso. Plus, l’associazione di cui sono Presidente e che non è una costola di Arcigay, ha partecipato ai bandi di alcune multinazionali del farmaco, così come di fondazioni, e abbiamo ricevuto finanziamenti per alcuni progetti. Come hanno fatto pressoché tutte le associazioni sia di lotta contro l’HIV/Aids, sia sociali. Per informazione dei piccoli geni dello scandalismo, Gilead ha bloccato tutti gli studi sulla PrEP con Truvada in Europa, quindi Plus non ha fondi da Gilead per la PrEP. Del resto il brevetto su Truvada sta per scadere e Gilead fa decisamente i suoi interessi, purtroppo. Il massimo che abbiamo ottenuto da Gilead, è un finanziamento teso a proporre test per le infezioni a trasmissione sessuale alle persone esposte per via di comportamenti a rischio, o alle persone che asseriscono, per esempio sui social gay, di essere in PrEP.
I test per le IST vanno bene spero, no?

Ma andiamo avanti.
PrEP è ormai una realtà a livello globale e anche in Europa… è mai possibile che siano tutti folli? Alcuni esempi:

Rachel Baggaley, è una funzionaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, in inglese WHO), coordina progetti relativi alle attività di testing e di prevenzione di HIV. Alla conferenza mondiale Aids (IAS 2017) di Parigi ha portato una relazione non tesa a dimostrare che la PrEP funziona, ma indirizzata a migliorare la promozione della PrEP. In effetti, nel caso fosse sfuggito, l’OMS promuove la PrEP.
PrEP Facts è uno dei tanti gruppi Facebook basati negli USA, ma dove sono presenti utenti da diversi Paesi inclusa l’Italia. E’ gestito principalmente da utenti evoluti, con esperienza di PreP, che danno suggerimenti e consigli su base scientifica e in base alle varie esperienze che, negli anni, gli stessi utenti hanno fatto. Ovviamente senza mai rubare spazio al medico. I membri di questo gruppo sono oltre 18.000, e non ho mai letto una sola polemica o giudizio sulle scelte degli altri (per definizione degli altri. Cit.). Tutte le domande ricevono risposte adeguate, con rimandi alle fonti. Noi abbiamo aperto il gruppo Prep in italia, ma ovviamente siamo solo all’inizio.
EMA, European Medicine Agency, ha approvato l’uso di Truvada per la PrEP. L’agenzia del farmaco italiana, Aifa, ha agito di conseguenza. Non è vero che la PrEP in Italia non è consentita.
EATG, European Aids Treatment Group, storico gruppo europeo di attivisti nella lotta contro l’Aids, insiste affinché la PrEP sia disponibile in Europa e accessibile a tutti coloro che sono a rischio di contagio da HIV.
Dopo tutto quelli di EATG sono sieropositivi, che gliene frega a loro? Del resto lo stesso possiamo dire per Plus in Italia.
A loro, e a noi, frega, perché sappiamo che cosa vuol dire ricevere una diagnosi di HIV e sappiamo cosa vuol dire evitarla con la prevenzione, tutta la prevenzione. Non solo “quella che ho scelto io”. Lo facciamo perché siamo un gruppo di advocacy, perché siamo attivisti e non dei pirla che si perdono in chiacchiere. Infatti anche lo scorso aprile EATG ha inviato una lettera al sig. John F Milligan, amministratore delegato di Gilead Science, perché Truvada o un equivalente generico sia disponibile in Europa.
Dopo i due grandi studi europei sulla PrEP, Ipergay e Proud, uno dopo l’altro tutti gli stati dell’Unione stanno ragionando sul tema a livello istituzionale, Italia inclusa. In alcuni Stati la PrEP è già una realtà, da ultima la Svezia ha rilasciato un documento che propone di adottarla. Da quasi due anni la Francia ha un programma di PrEP pubblico, gratuito e alla conferenza italiana Aids (ICAR 2017), i ricercatori francesi che hanno portato i primi dati come contributo (visto che in Italia non è stato possibile fare uno studio con Truvada grazie alla nostra lentezza strutturale da un lato, al blocco di Gilead dall’altro).
I francesi hanno raccontato che molti italiani si recano a Marsiglia per prendere la PrEP (e anche gel lubrificante monouso: “ma non lo avete in Italia?”, giusto per rimarcare l’ennesima figura di merda).
Quindi la PrEP in Italia è già un fatto. Ed è un fatto che la situazione ci sta sfuggendo di mano perché, al solito, preferiamo fingere di non sapere. Davvero gli ostinati contrari che scrivono sciocchezze su testate online, credono che la gente si faccia influenzare da chi insiste sull’uso del solo preservativo come unico strumento definito “sicuro” anche di recente in un articolo che non cito per non dare spazio all’ignoranza?
Davvero crediamo che, nell’era di internet e del commercio online, a nessun italiano sia venuto in mente di comprare un generico equivalente laddove viene prodotto, a prezzi notevolmente inferiori rispetto al farmaco brand? Vogliamo davvero lasciare soli gli italiani a gestire questo passaggio, soli nella posologia e modalità di assunzione, senza controlli e test sulle eventuali altre infezioni a trasmissione sessuale che, se non diagnosticate per non ammettere di essere in PrEP presa di straforo, possono portare conseguenze anche serie?
La nostra lentezza nell’agire ci sta portando verso quella direzione. Parliamo di un processo già in essere che va gestito sia dai centri clinici, sia, soprattutto, dalle associazioni che hanno la possibilità di svolgere un ruolo centrale nell’orientare la popolazione di riferimento.
Purtroppo oggi alcune associazioni tacciono per prudenza, non si comprende in base a quali dati, o insistono che tutti devono usare il condom. Come sia possibile non lo so… a chi non lo usa che facciamo? Lavaggio del cervello, ipnosi, fusione direttamente sul pene?
Inoltre il pregiudizio fa si che partano dall’assunto che la PrEP sia alternativa al condom, il che non è. O non è sempre così.
Nel gruppo PrEP Facts di cui ho scritto sopra, ho letto moltissime testimonianze di ragazzi gay in PrEP che continuano ad utilizzare il condom senza problemi, ma grazie alla pillola hanno una serenità mai avuta prima e vivono molto più intensamente la propria vita sessuale, perché sanno che qualunque problema possa capitare con il preservativo (che si può rompere, sfilare, oggi poi c’è la “moda” orrenda di toglierlo senza chiedere il permesso al partner), c’è l’ulteriore scudo della PrEP. Al punto che il ragazzo in questione aveva chiamato il suo post: nuovo effetto collaterale della PreP: serenità.
Il tema della serenità è molto presente anche nei counselling che facciamo al BLQ Checkpoint. Non si contano le persone che vengono a fare il test in preda ad un terribile stato d’ansia per mille motivi.
Nessuno sano di mente sosterrà, qui e ora, che la PrEP è l’unica arma vincente contro HIV, che la PrEP è l’unica forma di prevenzione vincente e così via. PrEP è una delle possibili forme di prevenzione ad HIV. E’ una scelta possibile e lo è grazie alla ricerca scientifica, non certo a motivo della mia opinione.
La PrEP funziona per chi la sceglie consapevolmente, dietro consiglio del medico e tenendo sotto controllo le IST. È una scelta, e come tutte le scelte riguarda solo la persona che la prende. I giudizi e soprattutto i pregiudizi, sono decisamente fuori luogo.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente
https://www.plus-aps.it/prepinfo/