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Chi non capisce il titolo… gli tocca leggere fino alla fine.
Eccoci all’ultimo report. Per ragioni logistiche, non c’era il volo, oggi devo partire alle 17,30 ora locale e l’ultima plenaria per qualche strano motivo è stata messa alle 15,30. Quindi oggi mi dedico ai poster abstract che, spesso, riservano delle sorprese.

Inizio con lo studio Framing stigma: a systematic review of cinema‘s HIV narrative between 2015 and 2023 banalmente perché italiano, lo ha inviato un gruppo di ricercatori dell’Università di Sassari: preso atto che stigma e discriminazione sono tra i problemi correlati all’HIV, che il cinema rispecchia la società e potrebbe avere il potere di plasmarla, lo studio approfondisce le rappresentazioni dell’HIV nei film tra il 2015 e il 2023. Hanno esaminato i database “IMDb” e “Themoviedb”, utilizzando i tag “AIDS”/“HIV” e “Film su HIV/AIDS” su Wikipedia. Hanno incluso film interi (≥un’ora) sull’HIV/in cui l’HIV è stato menzionato, in inglese o con sottotitoli in inglese.

Alla fine sono state raccolte le seguenti variabili: numero di persone con HIV (PWH), genere, fattore di rischio per l’acquisizione dell’HIV, presenza di AIDS, condizioni che definiscono l’AIDS, decessi correlati all’HIV, discriminazione/stigmatizzazione nel film/da parte del film stesso, se PrEP, PEP e U=U erano rappresentati, e affidabilità scientifica. Con questo metodo dai 3.060 film di partenza ne hanno selezionati 48.
Le donne cisgender e transgender erano rappresentate in 11 (22,9%) e quattro (8,3%) film, rispettivamente. Essere MSM era il fattore di rischio in 30 (62,5%). L’AIDS è stato mostrato in 24 (50%) e in 22 (45,8%) chi ne era colpito, muore. La conclusione a cui arrivano i ragazzi è che Il cinema spesso ritrae l’HIV in modo drammatico, trascurando le possibilità di normalizzarlo. La rarità di PEP, PrEP e U=U sottolinea la necessità di un’ulteriore discussione sul potenziale ruolo del cinema nella sensibilizzazione e nella lotta allo stigma dell’HIV.

La dott.ssa Valentina Mazzotta (in foto) dell’Ist. Spallanzani, con i risultati la ricerca multicentrica ItaPrEP ha ottenuto una presentazione orale. Cosa che ci ha molto piacere perché anche Plus ha partecipato. Il titolo è: HIV pre-exposure prophylaxis (PrEP) efficacy, adherence and persistence in an Italian multicentric access program (Sep2017-Nov2023): ItaPrEP study. Parliamo quindi di uno studio effettuato prima della rimborsabilità del farmaco. Lo studio, ha coinvolto diversi centri clinici e tutti i centri community-based che seguono persone in PrEP, ha evidenziato che grazie alla PrEP il tasso di sieroconversione era inferiore agli studi RCT nelle popolazioni esposte. L’età giovane, basso livello di istruzione e chemsex, oltre a barriere come la mancanza di farmaci gratuiti e monitoraggio sono fondamentali per indirizzare le strategie per migliorare l’implementazione della PrEP.

Un altro studio interessante era: The effectiveness of user-centered demand creation interventions on PrEP initiation among Female Sex Workers (FSW) and Men who have sex with Men (MSM) in Kenya, ossia l’efficacia degli interventi di creazione della domanda incentrati sull’utente nell’avvio della PrEP tra le lavoratrici del sesso (FSW) e gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM) in Kenya. Il Kenya nel 2017 ha lanciato un programma nazionale di ampliamento della PrEP (stesso anno dell’autorizzazione da noi). Il programma non dati i risultati sperati in termini di efficacia, per cui hanno provato a promuovere la PrEP con programmi centrati sulla persona (invece su patologie o burocrazia?) e tesi a far crescere la domanda di PrEP; secondo i dati pubblicati che potete vedere cliccando il link, pare che questo genere di interventi abbiano indotto una crescita nella domanda di PrEP nella popolazione indicata.

Il poster Changes in penile microbiome of South African cis-gender men and transwomen following surgical circumcision, non poteva mancare. Numerosi studi hanno dimostrato che la circoncisione maschile riduce l’acquisizione dell’HIV per quella via, con meccanismi ipotizzati tra cui la riduzione delle cellule bersaglio, la riduzione del tempo di esposizione al virus e la riduzione dell’infiammazione locale mediante modifiche del microbioma dovute all’esposizione all’ossigeno. In pratica hanno cercato di caratterizzare i cambiamenti nei batteri superficiali del glande attraverso tamponi. Lo studio non è grande, solo 29 abitanti di Città del Capo, fra i 18 e i 45 anni che si sono rivolti a una clinica pubblica per la circoncisione. La variazione batterica notata sembra supportare l’ipotesi che l’effetto protettivo della circoncisione sia dato da una ridotta infiammazione da disbiosi batterica anaerobica.

Nello stesso modo non poteva mancare lo studio Cannabidiol prevents mucosal HIV-1 transmission by targeting Langerhans cells, macrophages and T-cells, ossia che il CBD previene l’HIV. Lo studio va a esaminare cellule bersaglio di HIV ed è complicato, ma le conclusioni sono entusiasmanti. I ricercatori arrivano a sostenere “il riposizionamento delle formulazioni contenenti CBD disponibili in commercio come potenziali microbicidi contro la trasmissione dell’HIV-1 della mucosa. Come alternativa all’efficiente Lenacapavir, che tuttavia induce mutazioni di fuga e rimane costoso, il nostro approccio neuro-immunitario basato sul CBD rappresenta una strategia di prevenzione dell’HIV-1 innovativa, conveniente e accessibile”. Lo studio è francese e io già li adoro, ma non li prendo davvero sul serio.

Sandro Mattioli
Plus aps

La plenaria di oggi si chiama così… francamente non ho capito il motivo ma va bene lo stesso.
Il focus della plenary sono stati gli anticorpi neutralizzanti per cui faticosissima, almeno per me.
Tuttavia i relatori sono stati bravi, hanno cercato di spiegare perché puntare su questi “piccoletti”, cosa sono e come funzionano.
La prima relazione dal titolo “Discovery an HIV vaccine: the quest continues”, è stata tenuta da Eunice Nduati responsabile di un bellissimo programma di ricerca del Kenya.
Ha iniziato spiegando le sfide che pone HIV,

  • la variabilità di HIV è molto ampia e continua a crescere
  • fin dall’inizio dell’infezione HIV si integra nel genoma dell’ospite e diventa invisibile per il sistema immunitario

Cose che bene o male conosciamo.
Sfide per l’organismo ospite:

  • gli anticorpi neutralizzanti (bnAbs) hanno caratteristiche insolite.

Questi tratti insoliti sono sfavoriti dal sistema di regolazione immunitaria dell’ospite; durante la replicazione virale, il virus è densamente ricoperto dai polimeri a base di carboidrati dell’ospite che sono scarsamente immunogenici e occludono importanti epitopi, ossia parti di antigeni bersaglio degli anticorpi, con il risultato che HIV va avanti per la sua strada.

I tentativi di trovare una via per realizzare un vaccino sono stati molti negli anni a partire dal 2003, rigorosamente falliti uno dopo l’altro. Tuttavia anche grazie ai fallimenti si è potuto dimostrare che di bnAbs possono proteggere contro HIV. Un po’ come avviene per i farmaci, anche per gli bnAbs sono necessarie più classi di bnAbs perché funzionino e un titolo vaccinale sostenuto per una protezione duratura.

Gli bnAbs sono naturalmente presenti nel corpo umano, ma ci mettono una vita a maturare. Inoltre, per quanto coprano una vasta gamma di infezioni, devono essere correttamente selezionati. Quindi occorre un processo, possibilmente rapido, di selezione e maturazione.
Questa cosetta è resa possibile grazie a un percorso complesso, costoso, lungo 10 anni di studi che sono passati per la scoperta degli bnAbs, capirne la struttura biologica e l’interazione antigene-anticorpi, la realizzazione della famosa piattaforma mRNA ha accelerato e facilitato l’interazione, le tecnologie basate su AI, gli studi su differenti popolazioni, la disponibilità di modelli animali da poter confrontare con le sperimentazioni umane. Tutto questo dovrebbe portare a una risposta anticorpale umana contro HIV.

Bei passi in avanti. Laggiù in fondo al tunnel mi sembra di intravvedere una lucciola. Tuttavia per ora continuo ad arredare il tunnel.

La relazione successiva, curata da Elena Giorgi – F. Hutch Cancer Center – ha affrontato il tema dell’envelope ossia l’involucro che racchiude HIV. Questa è la parte che più muta del virus e, quindi molto sfuggente.
I clade, ossia i sottotipi virali, già di suo sono parecchi e in più ognuno di essi si suddivide in una miriade di si variazione che vanno incrementandosi negli anni. L’immagine rende abbastanza l’idea: i puntini rappresentano le diversificazioni dell’envelope negli anni per il solo sottotipo B piuttosto comune negli USA.
Per capirci, molta differenziazione significa molte mutazione e, quindi, molte resistenze. Sequenziare e studiare queste differenze aiutano gli studi futuri sui vaccini che ovviamente devono tenere conto di tutta questa variabilità.

Lo ammetto, non sono riuscito a far entrare nemmeno una delle associazioni che hanno protestato ieri. Tuttavia, quando ho letto che la dott.ssa Sharonann Lync – Georgetown University – avrebbe tenuto una lecture in plenaria sulle questioni economiche, le patenti, i fondi e la sostenibilità, l’ho avvicinata. Che ho da perdere? Una signora, penso, della community, che mi guarda e mi risponde: of course I’ll do. Aveva già aggiunto una slide, con mio grande piacere.
La Lync affronta di petto il tema di ciò che accade dopo che gli studi hanno avuto successo, perché agli enti regolatori non interessa sapere quanto hai speso per quel successo, gli interessa sapere quanto gli costa quel successo. In più ci sono le normative, le licenze, la sostenibilità, l’accesso, il personale, la logistica. ecc. tutti temi che, se non adeguatamente affrontati, comportano forti ritardi nella disponibilità del prodotto… e, aggiungo io, persone che si contagiano.

E parte in quarta con l’esempio del costo della della PrEP.

Negli USA la PrEP orale costa circa 40$, quella iniettiva CAB circa 180$, quella con lenacapavir non si sa ma verosimilmente costerà parecchio di più. I costi alti, la complessità di gestione alta, la community tenuta fuori, ecc. lasciano la scienza fuori dai confini del Paese.
E poi bam ecco la slide promessa. Testato in Africa, usato in Sud America, come va a finire il farmaco miracoloso contro HIV (si riferisce a lenacapavir)? Va a finire che le persone trans le comunità indigene si sono prestate alla sperimentazione, banalmente perché cubano percentuali di incidenze altissime in Perù, e poi questo Paese si ritrova escluso dalle licenze gratis o a costi estremamente ridotti.
C’è da dire che il numero di persone, 800.000, indicato da Zimbabwe perché inizino al PrEP è superiore all’intera fornitura di CAB LA disponibile nel 2025. Il nuovo farmaco di Gilead è stato presentato come miracoloso e l’aspettativa è alta, così come saranno alte la richiesta di copertura e i costi. Il tema di chi si dovrà far carico di tali costi dovrà essere affrontato quanto prima. Di sicuro non lo potrà fare quella signora con la maglietta gialla.

Un commento sull’immobilismo di IAS lo voglio fare. Sicuramente le comunità indigene in Perù non sono trattate con umanità. Faticano ad avere accesso alla sanità pubblica o anche semplicemente in considerazione. Capisco che IAS non abbia ruolo per prendere posizione contro il Governo del Perù. Tuttavia la signora con la maglietta gialla non stava protestando perché il suo Governo lascia che muoia, protestata perché Gilead ha escluso il Perù dalla licenza per lenacapavir dopo che la sua comunità si era spersa per partecipare allo studio.
Capisco che se IAS organizza diverse conferenze all’anno e che Gilead è uno sponsor, ma farvi strozzare il cuore dai cordoni della borsa è davvero inaccettabile.
Uno slogan di IAS che campeggia da tempo negli schermi delle sue conferenze è put people first, mettere al centro le persone, lo potete vedere nella foto di fianco. Forse IAS pensa che la comunità indigena del Perù sia composta da paracarri non da persone, forse la signora in giallo non aveva la maglietta giusta non lo so, ma aveva più diritto lei di entrare e dire cosa succede a tutti che non i dirigenti di IAS. Più che “back in the future” mi sembra che “stay in the past” sarebbe stato più adatto.

Sandro Mattioli
Plus aps

Che cos’è Sex Check?

Sex Check è un progetto speciale (poiché ha regole differenti dal servizio di testing del BLQ Checkpoint) in essere al PrEP Point di Plus, quindi al di fuori dall’ospedale, anche se in collaborazione con il Policlinico S. Orsola. Se sei un MSM (Maschi che fanno sesso con Maschi) o una persona trans*, ti capita di fare sesso con altri maschi e qualche volta corri qualche rischio e sei interessato/a alla PrEP allora il programma Sex Check può fare per te. Con il programma speciale Sex Check puoi controllarti regolarmente per Hiv, epatite C, sifilide, gonorrea e clamidia facendo dei test rapidi che ti forniscono la risposta dopo al massimo due ore. I test vengono effettuali presso la sede di Plus dove è attivo anche il BLQ Checkpoint: questo significa che non devi andare in ospedale ma puoi fare tutto in un ambiente accogliente avendo a che fare con operatori alla pari, preparati e competenti.

Possono partecipare tutti a Sex Check?

Possono partecipare a Sex Check i maschi cisgender (cioè nati maschio) oppure le persone trans* che soddisfino certi requisiti. Innanzitutto il programma è rivolto a chi fa sesso con maschi che abbiano difficoltà ad utilizzare sempre il preservativo e che abbiano diversi partner sessuali. Se soddisfi tutti i requisiti, per partecipare a Sex Check dovrai anche firmare un consenso informato.

Ricordiamo che Sex Check è un programma che si svolge al Prep Point di Plus dedicato a un’utenza specifica interessata alla PrEP. Se non vuoi utilizzare la PrEP o non hai i requisiti per partecipare a Sex Check, puoi sempre rivolgerti al BLQ Checkpoint previo appuntamento il martedì e il giovedì dalle 18 alle 21 per fare il test HIV, HCV e sifilide. Invece, gli altri test per le infezioni sessualmente trasmissibili sono purtroppo disponibili solo per i partecipanti di Sex Check, a causa del loro elevato costo.

Posso fare Sex Check se prendo la PrEP?

Il nostro programma è stato pensato apposta per chi fa o vuole fare la PrEP. Se non sai cos’è la PrEP, consulta la nostra pagina prepinfo. Nel programma Sex Check puoi controllare regolarmente che tu non abbia contratto qualcuna delle più comuni infezioni che si possono trasmettere sessualmente (Hiv, epatite C, sifilide, gonorrea e clamidia). Inoltre, ti offriamo la possibilità di controllare anche la funzionalità renale impiegando un test rapido per la misurazione della creatinina che sarà letto e interpretato da un medico infettivologo (anche lui friendly!).

Quali test posso fare nel progetto Sex Check?

I test che offriamo sono:

  • Test rapido per l’Hiv: usiamo il test Determine® HIV-1/2 Ag/Ab Combo della Alere. Il test viene effettuato su prelievo capillare (cioè raccogliendo una goccia di sangue dalla puntura di un polpastrello) e fornisce una risposta in 20 minuti. Per maggiori informazioni, clicca qui.
  • Test rapido per il virus dell’epatite C (HCV): usiamo il test Xpert® HCV Viral Load della Cepheid che rileva direttamente il virus e non gli anticorpi (quindi è in grado di controllare se c’è una infezione attiva). Anche questo test si effettua su prelievo capillare (cioè raccogliendo una goccia di sangue dalla puntura di un polpastrello); la risposta è disponibile dopo circa 2 ore. Per maggiori informazioni, clicca qui.
  • Test rapido per sifilide: usiamo un test point-of-care rapido con marchio CE che rileva simultaneamente e separatamente
    anticorpi treponemici e non treponemici ed è quindi in grado di rilevare una sifilide attiva anche in persone l’hanno già avuto l’infezione. Il test, sviluppato dalla Chembio (maggiori info qui),  si effettua su prelievo capillare (cioè raccogliendo una goccia di sangue dalla puntura di un polpastrello) e fornisce la risposta in 15 minuti.
  • Test combinato per gonorrea e clamidia: usiamo il test Xpert® CT/NG della Cepheid, che rileva la presenza di Chlamydia trachomatis (il microrganismo che causa la clamidia) e di Neisseria gonorrhoeae (quello che provoca la gonorrea). Dal momento che queste infezioni possono localizzarsi in varie parti del corpo, il test verrà effettuato su campioni biologici raccolti dai tre siti più frequenti, cioè il cavo anale (attraverso un tampone rettale, cioè un tampone simile a un cotton fioc che verrà introdotto nell’ano e mosso leggermente per raccogliere il liquido della mucosa), la faringe (cioè la gola, anche in questo caso si passerà un tampone nel cavo orale), o il pene (in questo caso si raccoglierà dell’urina). La risposta è disponibile in 90 minuti. Per maggiori informazioni, clicca qui (documentazione in inglese).
  • Test per la creatinina: utilizziamo il misuratore di creatinina StatSensor Xpress.

Quanto costa partecipare a Sex Check?

Non dovrai pagare nulla per fare i test. Il programma è interamente gratuito. Sex Check è reso possibile grazie a un finanziamento non condizionato di Gilead Sciences.

Se faccio la PrEP, mi date anche il farmaco?

Nel caso che tu voglia usare la PrEP per proteggerti dall’Hiv, possiamo fornirti supporto per ottenere la prescrizione, offrirti tutti i test per il monitoraggio ma purtroppo potremmo non essere in grado di offrirti il farmaco (anche se ci stiamo lavorando…). Dovrai perciò acquistarlo tu stesso.

Cosa devo fare per partecipare a Sex Check?

Vediamoci! La prima cosa da fare è fissare un incontro, in presenza o via zoom, per verificare che Sex Check sia un programma adatto a te. Se capiamo che è così, potrai fare tutti i test già a partire dalla settimana successiva.

Per prenotare un appuntamento puoi:

  • Inviare una email a sexcheck@plus-aps.it
  • Chiamare al numero 051 4211857 da lunedì a venerdì dalle 9:00 alle 12:00 o da lunedì a giovedì dalle 18 alle 20.
  • Passare a trovarci al BLQ Checkpoint, in via San Carlo 42/C a Bologna, il lunedì o mercoledì dalle 18:00 alle 20:00
 

Gli amici del PrEP-Point di Bologna