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di Mark S. King

Il re è nudo (ma proprio nudo)

Prosegue la collaborazione tra Plus e il blogger statunitense Mark S. King, autore del sito My Fabulous Disease, all’avanguardia nella lotta allo stigma verso le persone sieropositive. Gli articoli di Mark sono molto diretti, a volte sconcertanti nella scelta – volutamente provocatoria – degli argomenti e dei paragoni, tant’è che il suo pensiero non collima sempre con le posizioni di Plus. Detto questo, abbiamo deciso di pubblicarne alcuni in traduzione (con piccoli aggiustamenti di natura esplicativa) per dare una «scossa», anche in Italia, al dibattito su temi troppo spesso ignorati dalla nostra comunità. Il tema del sesso senza senza preservativo rientra senza dubbio nella graffa dei temi scabrosi e tabuizzati: parlarne è fondamentale, anche con i toni sfacciati e controversi dell’immagine soprastante, che mutua lo slogan proposto dal gruppo canadese Aids Action Now! nel 2012.

Ogni volta che un nuovo studio sui maschi omosessuali scopre che si fa sesso bareback, cioè senza preservativo, le anime belle della condotta sessuale si stracciano le vesti e denigrano questo comportamento vergognoso, choccante e assassino. Quindi immaginatevi quanti scampoli di tessuto sono finiti sul pavimento dopo che uno studio ha indicato che quasi la metà degli utenti della app di geolocalizzazione Grindr si cimenta col sesso «a pelo».

Vorrei tanto che quelle triste figure mettessero da parte i sali per rinvenire e cercassero di comprendere le ragioni di tutto questo. E invece, ogni volta che un nuovo studio, ampio o affrettato che sia, dimostra ciò che sappiamo già, riecco le statue pompeiane con la mano sul cuore, impietrite nella loro indignazione d’altri tempi.

Niente di nuovo sotto il sole… eccetto forse il sempre rinnovato stupore dinanzi al fatto che i maschi omosessuali si comportano pari pari come qualsiasi altro uomo del pianeta Terra.

Forse quelli che trovano ripugnante il bareback credono di essere politicamente corretti, che i loro aspri giudizi sulla vita sessuale altrui servano alla prevenzione, che criticare gli altri perché che si comportano come esseri umani possa in qualche modo modificare istinti radicati, che ci accompagnano dalla notte dei tempi.

O forse rientra nel nuovo decalogo della cultura gay voler dimostrare alla società etero che siamo bravi quanto loro a svergognare gli omosessuali, che ci castreremmo volentieri nel nome dei pari diritti e che altrettanto volentieri ci priveremmo degli stessi piaceri che loro danno per scontati: insomma, concedeteci il matrimonio gay e noi vi risparmieremo il racconto della scopata anale non protetta che avrà luogo la sera della cerimonia.

In un modo o nell’altro siamo giunti alla conclusione omofoba che quando due maschi omosessuali si cimentano nell’atto romantico, emotivo e spirituale dell’amore fisico senza barriere, questo va etichettato come barebacking psicotico, mentre quando lo fanno gli etero si chiama buon sesso. Due pesi e due misure: ridicolo. Lo sapete che anche vostra madre faceva bareback? È un atto naturale e prezioso che persiste, letteralmente, dagli albori dell’umanità. Abramo (facendo bareback) generò Isacco, Isacco (facendo bareback) generò Giacobbe, Giacobbe (facendo bareback) generò Giuda e i suoi fratelli (Matteo 1-2). Forse voi avete l’incredibile abilità di spassarvela al meglio col pene avvolto nel lattice. Wow, fantastico, raccontate. Sono tutt’orecchi. A voi piace davvero usare questo classico strumento di prevenzione, un autentico gioiellino immarcescibile. Forse tu e il tuo fidanzato siete sieronegativi e avete la fortuna di una relazione esclusiva e monogama che possa escludere l’uso del condom. O magari, forti di olimpionica disciplina, siete persino in grado di usarlo ogni volta che fate sesso, cascasse il mondo. Siete commendevoli, non c’è che dire, peccato che siate anche una minoranza. Quelli che ho appena fatto sono esempi validi e reali, che non rappresentano però una posizione moralmente superiore dalla quale lanciare strali sulle scelte altrui.

Durante gli anni critici dell’aids, noi maschi omosessuali abbiamo stipulato un tacito accordo: accettammo di usare i preservativi – a quel tempo l’unico «safer sex» esistente – in attesa di tempi migliori. Molti di noi pensavano che questo contratto non sarebbe mai arrivato a scadenza, forse perché si credeva di morire tutti nel giro di pochi anni. Ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare, trent’anni più tardi, di doverci ancora attenere a queste rigide linee guida.

Anche a suo tempo, alcuni di noi le ignoravano. Si potrebbe supporre che alla luce di tutte quelle morti si sarebbe verificato uno stabile cambiamento nello stile di vita. In realtà, molti di noi reagirono all’ecatombe in maniera irrazionale, quindi umana: trovavamo conforto nel fare l’amore l’uno con l’altro, spesso senza preservativo. Era una sorta di gesto assertivo, un vaffanculo all’aids. Tant’è che uno studio del 1988 sui maschi omosessuali dimostrò come la metà del campione non lo usasse mai, e che la maggioranza non lo usasse sempre. Sono numeri molto, molto simili a quelli dei recenti studi su Grindr. L’eterno ritorno di una pratica, direi, mai passata di moda.

Lo studio del 1988 è particolarmente interessante se si considera quanti maschi omosessuali ripensino a quegli anni come a un periodo di grande austerità sessuale. C’è chi desidera, forse troppo, un ritorno a quei funerei fasti e c’è chi, avendo visto con i propri occhi il massacro dei primi anni dell’aids, ogni tanto sentenzia: «Se solo i giovani sapessero cos’abbiamo passato… Se toccasse a loro, non si comporterebbero così».

Roba da vomito. Tanto per dirne una, non mi auguro affatto che i giovani di oggi assistano alle scene strazianti che ho visto io. Anni addietro ho sudato sangue, in trincea, proprio per consentire loro un po’ di apatia. Preferisco vederli sguazzare nella loro ignoranza spensierata che ipotizzare di seppellirli.

Non c’è dubbio che il numero di maschi omosessuali che muoiono ancora oggi per le conseguenze dell’aids sia incomparabilmente inferiore alle cifre degli anni Ottanta e dei primi Novanta. Oggigiorno le persone sieropositive muoiono più per il tabagismo che per il virus. L’hiv è diventata un’infezione pericolosa ma in larga parte gestibile, e le manovre terroristiche che sostengono tesi diverse vengono ignorate perché non corrispondono al vero. Il sesso è sesso, è una cosa naturale e rigenerante, e chiunque voglia parificare il sesso senza preservativo alla morte e alle malattie ha proprio bisogno di andare in terapia.

Inoltre, l’uso del condom continuerà sicuramente a calare, in futuro, per via dei nuovi strumenti che stanno arricchendo la gamma delle opzioni di prevenzione anti-hiv. A cominciare dalla profilassi pre-esposizione (PrEP), ovvero l’assunzione di antiretrovirali in via preventiva, che secondo studi recenti riesce davvero a ridurre il rischio di nuove infezioni (resta il problema di chi ne coprirebbe i costi se venisse legalizzata in Italia, oltre a quello dell’aderenza e dei possibili effetti collaterali). Molte persone che vivono con hiv limitano la scelta dei propri partner ad altre persone sieropositive, fanno cioè serosorting, e nel farlo hanno dimostrato l’infondatezza delle tante voci sul nuovo spauracchio, il supervirus della reinfezione, che in realtà non si è mai materializzato.

Sappiamo inoltre che i positivi con viremia non rilevabile sono, di fatto, non contagiosi, per cui la TasP (terapia come prevenzione) è stata rafforzata dallo studio Partner, realizzato in gran parte su coppie etero, che assegna persino una percentuale maggiore di efficacia alla terapia antiretrovirale rispetto al condom. Un risultato che dovrebbe confermarsi anche studiando solo coppie omosessuali.

All’orizzonte brillano poi i microbicidi rettali. Sono prodotti ancora sperimentali che arriveranno sul mercato sotto forma di lubrificanti o clisteri capaci di prevenire un’infezione da hiv, in modo da mettere la parola fine al chiacchiericcio e alle facili sentenze in tema di preservativi.

E potrei continuare. Insomma, non c’è bisogno di scannarci a colpi di integralismo profilattico, discreditando il valore intrinseco della nostra vita sessuale o promuovendo una singola strategia che, nella realtà dei fatti, non funziona per tutti. Sarebbe ora, invece, di accettare l’evidenza che i maschi omosessuali stanno facendo scelte consapevoli, mettendo alla prova diverse tecniche di riduzione del rischio. E una volta verificate nella loro validità, sarebbe ora di chiamare anche queste tecniche «safer sex». Infine, possiamo anche smetterla di far finta di credere che i fissati del preservativo abbiano la moralità dalla loro.

Il re è nudo. E non indossa nemmeno il goldone.

Mark

Mark S. King

L’originale, pubblicato sul blog di My Fabulous Disease, si trova a questo indirizzo.

Traduzione di Simone Buttazzi.