Si è svolta in questi giorni a Varsavia la XIX edizione della Conferenza Europea sull’AIDS, a cui ha preso parte anche Plus APS. Nell’ambito di questa conferenza, è stato presentato un nuovo farmaco che potrebbe innovare sensibilmente le politiche di prevenzione dell’HIV, chiamato Cabotegravir. In particolare, è stato presentato uno studio sull’efficacia del farmaco nella PrEP (Profilassi pre-esposizione). Trattandosi di un farmaco somministrato per via iniettiva che offre una copertura di 2 mesi, il Cabotegravir potrebbe risolvere il problema dell’aderenza terapeutica presentato dal farmaco attualmente utilizzato come PrEP, che per garantire la protezione deve essere assunto con grande precisione.
Si tratta potenzialmente di un importante avanzamento nelle strategie di prevenzione dei contagi, ma anche nella qualità della vita delle persone che convivono con HIV e de* loro partner. Negli Stati Uniti si parla ormai da tempo di questo farmaco, e anche in Europa si stanno aprendo le porte alla commercializzazione del farmaco. La Francia si prepara ad avviare uno studio clinico, e l’Italia potrebbe essere ancora una volta il fanalino di coda.
L’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ha infatti approvato la commercializzazione del Cabotegravir da settembre 2023, e la Francia si sta già muovendo con uno studio clinico che si chiama CaboPrEP. L’Italia intanto si sta avviando solo da pochi mesi (e con forti difformità tra le Regioni) verso l’attuazione della decisione AIFA di garantire la gratuità della PrEP attualmente in commercio. Negli scorsi anni abbiamo assistito ad anni di ritardo rispetto alla sua commercializzazione, e parlare di Cabotegravir sembra fantascientifico. Eppure, in Italia sono attivi diversi Checkpoint, centri community-based che rappresentano l’avanguardia della lotta all’HIV e che potrebbero aiutare ad implementare questi nuovi strumenti.
“In Italia – commenta il presidente di Plus APS Sandro Mattioli – non solo arriviamo ultimi ad approvare questo tipo di farmaci preventivi (EMA ha approvato l’attuale PrEP nel 2016 contro il 2012 di FDA), ma non facciamo studi che aiutino a introdurre questi nuovi elementi. Cosa che invece in Francia hanno fatto sia per la PrEP attuale, sia per Cabotegravir come PrEP. In Italia sono attivi diversi centri community based che potrebbero aiutare a implementare questi nuovi strumenti. Ma non vengono presi in considerazione. Invece uno studio di fattibilità su Cabotegravir come PrEP distribuito dai Checkpoint potrebbe contribuire ad un arrivo controllato sul mercato di un farmaco che, diversamente, finirebbe per avere gli stessi problemi di stigma e pregiudizi che gravano sulla PrEP attuale”.
I checkpoint ci sono. La speranza è che sia possibile costruire un’alleanza con l’azienda produttrice del farmaco (ViiV Healthcare) e i maggiori centri di ricerca e i Checkpoint per introdurre al più presto nel Paese questa nuova opportunità di prevenzione che potrebbe risolvere i problemi di aderenza terapeutica che si riscontrano con la PrEP attuale.
La Conferenza EACS 2023 si avvia al termine. Ormai buona parte dei quasi 3.000 delegati e delle delegate se ne sono andati, il che non è mai un buon segno. Ma incominciamo con gli aspetti positivi a partire dal fatto che la nostra piccola associazione è riuscita a portare alla conferenza Enrico Turchetti, uno dei nostri attivisti più “attivi”. Enrico, alla sua prima esperienza, ha praticamente svernato in conferenza, passando da una sessione all’altra come se non ci fosse un domani, salvo poi chiedersi “come mai sono così stanco?”.
Con questa conferenza, posizionata a Varsavia, è palese che si è voluto dare un segnale politico di attenzione rispetto alla situazione dell’Est Europa, che non è affatto buona in termini di nuove diagnosi. Una situazione favorita anche dalle politiche di alcuni governi, incluso quello polacco (che però ha appena perso le elezioni, per cui speriamo bene) che discriminano invece di tutelare. Vi ricordo che la Polonia è quella della “LGBT free zone” e così via. In generale, i dati di incidenza che ci hanno mostrato nel corso della conferenza, vedono un’alta percentuale di diagnosi da rapporti sessuali etero (in larga maggioranza maschi), pochissimi dicono di essere gay in questi paesi ovviamente, chi vorrebbe essere discriminato per l’orientamento sessuale e poi pure per lo stato sierologico?
Queste politiche sciagurate incidono sulla prevenzione, che ovviamente non viene rivolta laddove HIV si annida. Sorte simile tocca agli Injection Drug User (IDU) per i quali, in alcuni Paesi, le strategie di riduzione del danno (siringhe pulite, sostanze sostitutive, ecc.) semplicemente non sono attivate o addirittura vietate. Quindi non c’è da stupirsi che HIV ringrazi i governanti e corra libero in Europa dell’Est.
C’è stata molta presenza di attivisti in questa conferenza sia locali, che da altri Paesi (fra cui l’Italia) e un grosso sforzo organizzativo da parte di EATG (European Aids Treatment Group) una splendida associazione continentale che ha organizzato la formazione “STEP” sulla cura, dedicata a Giulio. Abbiamo potuto finalmente rivedere attivisti da tutto il Continente, riallacciare i rapporti, scambiarci pareri ed esperienze… insomma abbiamo fatto community e svolto il nostro ruolo principale, cosa che non sembra ancora chiara in Italia.
Di base ad ogni conferenza io cerco di seguire soprattutto le sessioni in plenaria, perché di solito sono le più importanti o con nomi “di grido”. Sicuramente la lettura magistrale del dott. Molina sulla PrEP è stata la meglio eseguita. Finalmente anche in Europa si è parlato di co-patologie legate a HIV. Ebbene sì HIV non ha affatto esaurito la sua storia e non solo perché non abbiamo le conoscenze per realizzare una cura eradicante (ossia l’unica cura vera), ma perché HIV incrementa il rischio di una serie di patologie. Situazione che noi viviamo quotidianamente, ma che in Italia è ancora poco trattata. Belle anche le sessioni sull’incremento delle IST, sull’invecchiamento precoce delle persone con HIV, sull’utilizzo di Cabotegravir come PrEP.
Passiamo agli aspetti negativi.
Di regola non partecipo spesso alla conferenza EACS perché da diverso tempo è stata di fatto “declassata” a congresso utile a riportare a livello continentale quello che viene detto nelle conferenze più importanti (CROI, IAS). Allora tanto vale andare in quelle importanti. Anche dal confronto con ricercatori e medici, è emerso che la ricerca è quasi completamente mancata in questa conferenza. Aggiungo che alcune sessioni sono stati organizzate male, con panelist che esponevano dati vecchi, con un inglese stentato e pochissimo engagement con il pubblico, per esempio la sessione sul Mpox che è stata tra le più noiose, tranne che per le relazioni di Nicolò Girometti (ex
specializzando del S. Orsola, serenamente emigrato verso lidi dove i professionisti brillanti vengono apprezzati), più vicine a una lecture per la qualità dei dati e l’eleganza espositiva. Ne approfitto per scusarmi con Nicolò che nel salone mi è passato sotto al naso, mi ha salutato passando un po’ di fretta e io non l’ho riconosciuto subito… gioie dell’età.
Solo una piccola nota fastidiosa dovuta al fatto che in ben due occasioni non mi è stato possibile entrare nelle sessioni perché riservate ai prescrittori. In sintesi, erano sessioni governate da due case farmaceutiche che hanno deciso chi poteva entrare e chi no. Non mi è mai capitato prima ed è davvero strano, neanche dovessero contrattualizzare una operazione di corruzione. Care aziende se lasciate fuori gli attivisti, soprattutto se persone con HIV che quelle pillole le ingoiano, non fate una bella figura né in termini di trasparenza, né in termini politici.
Mi dispiace sottolineare come le associazioni locali tendessero a giustificare la situazione adducendo motivi tecnico-normativi (neanche la Polonia fosse questo faro del diritto globale), mi è parso evidente che sfuggisse il punto politico della decisione delle multinazionali del farmaco.
La seconda giornata della conferenza EACS in corso a Varsavia, inizia con una splendida lettura del dott. Molina, il “papà” della PrEP on demand usata da almeno il 50% degli utenti in PrEP.
Chi meglio di lui poteva impostare una lecture dal titolo “Going beyond HIV and STIs with PrEP and PEP” (Superare l’HIV e le malattie sessualmente trasmissibili con la PrEP e la PEP).
Solo questo incipit è già tutto in programma per il nostro Paese dove ancora c’è chi pensa che chi ha preso HIV è perché se l’è andato a cercare, che chi usa PrEP o PEP è uno che si espone volontariamente a rischi molteplici o si è già esposto ad essi, a seconda della strategia di prevenzione scelta.
Molina, sempre preciso nelle sue relazioni, ci mostra i dati dell’infezione globale del 2022 che danno 39 milioni di persone con HIV, 1,3 milioni di nuove diagnosi. Rispetto al decennio precedente si nota un calo del 32% nelle nuove diagnosi e del 52% nelle morti per AIDS. Ma nell’Europa Orientale e in Asia centrale le nuove diagnosi sono cresciute del 52%. È l’area dove HIV cresce più velocemente nel pianeta, con un’incidenza che supera il 30%. Qualcuno dal salotto di casa propria in Italia starà già pensando chi se ne frega, ma non è così che funziona questa epidemia. Le capitali dell’Est Europa sono a un’ora di volo e se non si affronta questa situazione assurda, in buona parte causata da frequenti atteggiamenti discriminatori, anche noi rischiamo una ripresa dell’infezione.
Molina chiarisce subito che, pur in assenza del vaccino, la prevenzione è possibile e cita gli elementi principali purtroppo iniziando con
l’ABC (astinenza, fedeltà, condom); studi osservazionali descrivono un calo dei casi di HIV del 70-90% ma sulla reale possibilità di porre in essere questa strategia ci sono più dubbi che certezze;
la circoncisione maschile è accreditata di circa il 60% di riduzione della trasmissione da donna a uomo, ma è molto legata alla tradizione/religione e comunque protegge i maschi ma non le femmine come molte attiviste hanno fatto notare in diverse conferenze internazionali;
la strategia della riduzione del danno, in particolare fra gli IDU (Injection Drug Users), per esempio su aghi/siringhe. Efficace ma limitata a un solo gruppo esposto;
i farmaci antiretrovirali che si sono dimostrati efficaci nella prevenzione materno-fetale; con la PEP (Profilassi Post Esposizione), con la TASP (trattamento come prevenzione, con la PrEP (Profilassi pre-esposizione).
Negli anni la PrEP si è dimostrata altamente efficace nel prevenire l’infezione negli uomini e nelle donne ed è uno strumento essenziale nella lotta contro HIV, questo scrive Molina… dovrebbe fare un giro di conferenze in Italia. PrEP è presente ormai in tutte le linee guida, in quelle OMS dal 2015!! Le persone in PrEP in Europa e Asia Centrale sono oltre 200.000 e l’obiettivo di OMS è di arrivare a 500.000 entro il 2025. Poi passa a descrivere gli studi scientifici a sostegno che vi risparmio anche perché ormai dovrebbero essere noti ai lettori di Plus.
Tuttavia la PrEP come la conosciamo oggi non è priva di problemi, i due principali sono l’aderenza terapeutica e la cosiddetta “retention in care” ossia il restare in PrEP. Sono ormai diversi gli studi che evidenziano problemi degli utenti ad assumere correttamente, in orario, la PrEP. Anche in Italia lo studio ITAPreP ha riscontrato questo problema così come gli studi della coorte Kaiser in USA, o gli stessi studi di Molina in Francia. I motivi sono diversi ma sicuramente lo stigma legato alla sua assunzione gioca ancora un ruolo importante.
Il farmaco Cabotegravir di ViiV usato come PrEP una volta ogni due mesi, potrebbe risolvere questo problema dell’aderenza. È un farmaco iniettivo studiato per il lento rilascio. EMA ne ha approvato da pochissimo la commercializzazione in UE. Per cui ora la palla è nel campo della ViiV e dei rapporti che vorrà tenere con AIFA (rimborsabilità, tempi – che non saranno brevi – ecc.). Stupisce sempre il fatto che in Francia è stato avviato lo studio “Prevenir – CABOPrEP che si propone di arruolare 322 MSM e di mettere a confronto l’attuale PrEP in pillole con quella iniettiva.
Non capirò mai perché in Italia questi studi non vengono né fatti né avallati se richiesti. Da un lato siamo spesso così provinciali da guardare con supponenza gli studi degli altri, dall’altro poco propensi a farne in Italia a meno che non ci sia un primario che decida in tal senso. Secondo me questo è uno dei motivi che ci fanno spesso arrivare ultimi nel porre in essere strategie di prevenzione vincenti. Sembra quasi che si pensi che se qualcuno si contagia, pazienza… alla peggio sono froci (?).
Fra l’altro sul Cab come PrEP non sappiamo proprio tutto e abbiamo risolto tutto, studi sono ancora necessari:
quanto è onerosa l’iniezione – che oltretutto deve essere fatta da personale sanitario – prevista ogni 2 mesi, non c’è ancora chiarezza sui tempi di protezione e della cosiddetta “forgiveness”, le eventuali reazioni nel sito delle iniezioni, il costo del farmaco e l’implementazione.
Sul tema della prevenzione la Francia è un Paese da ammirare perché la PrEP è gratis dal 2016 (in Italia dal 2023 e non ancora disponibile ovunque), i condom sono sovvenzionati dal 2018, la PrEP può essere prescritta anche dal medico generico dal 2021. Tuttavia la PrEP è ancora poco usata in Francia e buona parte delle nuove infezioni si registrano fra persone non in PrEP per lo più per paura degli effetti collaterali, per un basso livello di percezione del rischio, perché non gli è mai stata offerta, ma c’è anche chi aveva timore di essere giudicato.
Detto questo è anche chiaro che l’elefante nella stanza è il condom: il 71% degli MSM HIV negativi sotto i 24 anni non lo usa nei rapporti anali in Francia e, ovviamente, se il condom non viene usato non funziona. Va da sé che questa strategia non è efficace almeno non come è stata portata avanti fin qui in Francia… figuriamoci da noi dove i condom si pagano, e pure cari. Ma da noi non si fanno questo tipo di studi per cui il problema è già risolto.
Molina segnala anche l’incremento in Francia, ma possiamo dire lo stesso anche da noi, delle infezioni a trasmissione sessuale (IST) fra le persone in PrEP, in particolare fra coloro che hanno molti partner e non usano/usano in parte il condom. Caratteristiche confermate dagli studi portati avanti da Molina dove è emerso che il 39% dei partecipanti producevano l’89% dei casi in IST.
Da qui gli studi sull’uso dell’antibiotico doxiciclina come PEP (200 mg max dopo 72 ore dal rapporto), ovviamente con visite e controlli. In effetti stiamo parlando di persone che, verosimilmente, avrebbero preso il farmaco perché hanno frequenti diagnosi di IST. Tanto vale che lo assumano come PEP sia pur in casi particolari. Gli studi hanno dato ragione a Molina infatti la riduzione dei contati è evidente soprattutto per clamidia. Le linee guida internazionali (IAS 2022, EACS 2023) sono possibiliste per gli MSM da valutare caso per caso perché il rischio di resistenze non è ancora stato sufficientemente studiato e non sarebbe corretto essere troppo di manica larga.
Ho partecipato a una sessione relativa al Monkeypox per capire se possiamo mettere la parola fine almeno su questa epidemia. Pare che sia meglio stare ancora attenti.
Mi ha tuttavia fatto piacere ascoltare le belle relazioni di Nicolò Girometti, un ex specializzando del S. Orsola di Bologna che ora lavora al Chelsey and Westmister Hospital e a 56 Dean Street a Londra. Non serve che dica altro!
Pressoché tutti i dati presentati, ormai un po’ datati, evidenziano che la fase acuta dell’epidemia è sicuramente superata, che le persone con HIV con meno di 350 CD4 hanno subito le situazioni peggiori mentre quelli con una situazione immunitaria migliore non hanno avuto particolari problemi, in caso di contagio hanno risolto come tutte le persone senza HIV; sicuramente l’epidemia ha riguardato in maggioranze MSM per vari motivi (di cui abbiamo già scritto in precedenti report), sicuramente è importante tenere alta la guardia perché qua e la ancora qualche caso viene rilevato. Per cui tutti i ricercatori insistono perché il vaccino venga effettuato da tutti gli MSM, in particolare chi vive con HIV, appunto per evitare eventuali “ritorni di fiamma”. Del resto il vaccino è la prevenzione per eccellenza, non ha senso attendere che l’infezione si ripresenti in massa.
Ebbene si: ho barato. C’è ancora un pezzo di relazione che mancava e riguarda i poster, ossia quegli studi i cui abstract sono stati accettati e pubblicati in forma di cartelloni nella sede della conferenza, un enorme salone dedicato agli abstract. Naturalmente erano oltre 1000 gli studi pubblicati, io ne ho selezionati solo alcuni. I poster sono linkati, se cliccate è possibile vederli in un formato sostenibile.
Incomincio con i nostri colleghi/”rivali” del Checkpoint di Milano, che sono bravi a valorizzare i dati che raccolgono. CROI ha accettato il loro lavoro: Mpox: Sexual behavior reduction do not explain decreased Mpox incidence among prep users. In sintesi i milanesi hanno notato che i ragazzi in PrEP che seguono, non hanno minimamente cambiato le abitudini sessuali durante l’epidemia di Mpox e non si spiegano come mai i casi siano calati. Ricordo che il cluster milanese da solo copriva il 50% dei casi nazionali. Non è spiegabile con vaccino che è arrivato tardi rispetto ai tempi della statistica, tantomeno con la lentezza con cui il vaiolo delle scimmie replica, perché secondo il dott. Rossotti (il secondo da sinistra nella foto) sostiene che i dati clinici in suo possesso mostrano un’accelerazione nell’incubazione scesa a 3 giorni. Volendo cavarcela con una battuta, anche perché con i dati attuali non ci sono spiegazioni scientifiche, forse mpox non è riuscito a tenere il ritmo degli MSM di Milano.
Lo studio Burden of coronary disease in transgender women with and without HIV invece, ipotizza una relazione fra la terapia ormonale in donne trans e problemi cardiovascolari. Non è tanto per lo studio in sé che non è di particolare peso, ma per il fatto che finalmente qualcuno pubblica studi sulle persone trans.
Lo studio olandese Sexual behavior and sti incidence during the first 4 years of prep use among MSM, riporta alcune considerazioni sugli MSM in PrEP. Durante i primi 4 anni di utilizzo della PrEP, l’incidenza complessiva di IST è stata elevata e stabile. L’incidenza di clamidia e gonorrea è leggermente diminuita negli utenti daily ma, al di la di questo la linea di tendenza vede un incremento di casi di IST per poi stabilizzarsi. I test regolari e il trattamento delle IST rimangono una priorità tra gli utenti in PrEP. La prevenzione biomedica delle malattie sessualmente trasmissibili può essere esaminata in questo contesto.
Il simpatico studio PEP-in-pocket (PIP): long-term follow-up of on demand HIV post-exposure prophylaxis probabilmente farebbe venire un ictus agli infettivologi restii a concedere al PrEP (soprattutto ai gay). La PIP, in italiano sarebbe PEP in tasca, si rivolge a persone che hanno un alto rischio di contagio ma non molto spesso. La PIP consiste nel fornire a queste persone 4 settimane complete di PEP, il counselling perché abbiano chiaro quando iniziare il trattamento e dove recarsi in caso di bisogno. Le conclusioni vanno oltre proponendo la PIP il passaggio da PIP a PrEP in base all’evoluzione del rischio delle persone. Inoltre, è suggerito di includere la PIP, insieme a PEP e PrEP, nelle opzioni biomediche di prevenzione dell’HIV per gli individui HIV-negativi a rischio di infezione.
Sono ormai 2 anni che, a causa della pandemia covid-19, siamo stati impossibilitati a programmare il nostro solito corso annuale per diventare volontari del Blq Checkpoint. Adesso, dato il miglioramento della situazione pandemica, abbiamo davvero voglia di conoscere nuove persone pronte a trascorrere un pò del loro tempo insieme a noi con questo nuovo corso di formazione. Al termine di ogni lezione sarà possibile pranzare.
Le ore d’aula* nella sede di Plus, via San Carlo 42c a Bologna, sono aperte a chiunque voglia approfondire gli argomenti trattati, quindi anche se non vuoi fare il volontario ma ti interessano i temi, sei libero di entrare ed ascoltare. Invece la parte residenziale del corso è riservata a chi vuole fare il volontario.
Il Corso inizierà sabato 26 marzo 2022 e terminerà con le giornate di laboratorio residenziale nel week end del 13-15 maggio 2022 per un totale di 46 ore fra aula e laboratorio.
*In base al numero dei partecipanti, le ore in aula potrebbero essere svolte in via Sant’ Isaia 94/a presso le aule di docenza dell’AUSL
Per partecipare è necessario inviare una mail a info@plus-aps.it indicando: nome e cognome numero cellulare
Sandro Mattioli Il BLQ Checkpoint: come funziona, gestionale costi, rapporti con le istituzioni.Rita Masina Esecuzione dei test: decreto 17 marzo 2021, metodologia ed esecuzione dei test.
Sabato 7 maggio
Stefano Pieralli Relazione d’aiuto: empatia, sospensione del giudizio, consapevolezza.
Finalmente le tante persone che chiedevano del Corso di formazione per volontari del BLQ Checkpoint hanno una risposta. Il Corso inizierà sabato 21 settembre 2019 e terminerà con le giornate di laboratorio residenziale nel week end del 8-10 novembre 2019 per un totale di 46 ore fra aula e laboratorio. Per partecipare è necessario inviare una mail a info@plus-onlus.it indicando: nome e cognome numero cellulare
Ecco il calendario del corso. [table id=7 /] Il corso è certificato dalla Regione Emilia Romagna ed è prevista l’erogazione di crediti formativi, quindi la presenza è obbligatoria per la maggior parte del corso. Ulteriori informazioni in merito verranno fornite personalmente. Le ore d’aula nella sede di Plus, via San Carlo 42c a Bologna, sono aperte a chiunque voglia approfondire gli argomenti trattati, quindi anche se non vuoi fare il volontario ma ti interessano i temi, sei libero di entrare ed ascoltare. Invece la parte residenziale del corso è riservata a chi vuole fare il volontario.
Nessun aggiornamento sulla profilassi pre-esposizione (PrEP) e sulla capacità della terapia di impedire la trasmissibilità dell’infezione. Plus Onlus denuncia le condizioni in cui versa il portale www.helpaids.it gestito dalla Regione Emilia-Romagna
Il sito, pensato per offrire all’utenza informazioni utili sull’infezione da Hiv e sui metodi di prevenzione, risulta fermo al 2016 salvo superficiali aggiornamenti realizzati in occasione del 1° dicembre 2017 e nella sezione “Agenda”. Lo si evince con drammatica chiarezza consultando la sezione “Progetti locali”.
Le conseguenze sulla qualità del servizio erogato sono molteplici. Si parte da un ingiustificato allarme sulla pericolosità del liquido pre-spermatico, fino all’assenza d’informazioni cruciali su PrEP e TasP. Mancano ad esempio sia le modalità di accesso alla profilassi pre-esposizione mediante prescrizione di un medico specialista, sia i risultati dello studio PARTNER2, che hanno cementato la validità della terapia come prevenzione, ovvero la non contagiosità delle persone sieropositive in terapia efficace. Ciliegina sulla torta: la tendenza a usare il termine malattia invece di infezione.
“A Bologna è attivo l’unico servizio di supporto alle persone che usano la PrEP realizzato in modalità community-based e in ambiente extraospedaliero [il SexCheck presso il Blq Checkpoint] Ma su HelpAIDS non ve ne è traccia,” spiega Sandro Mattioli, presidente di Plus Onlus. “È paradossale che in una regione come l’Emilia-Romagna, unica in Italia ad aver avviato progetti di supporto alle persone che usano la PrEP in ogni città, questo innovativo strumento di prevenzione sia completamente trascurato sul sito ufficiale di comunicazione regionale.”
Plus auspica un sollecito aggiornamento del portale, affinché l’utenza possa continuare a considerare la regione Emilia-Romagna una fonte credibile di informazioni su Hiv/Aids.
La conferenza italiana Aids ICAR, che si è tenuta a Roma dal 22 al 24 maggio 2018, è terminata come è iniziata: fra le proteste delle persone sieropositive e degli attivisti e attiviste nella lotta contro HIV. Credo di non essere smentito se scrivo che Icar2018 verrà ricordata più per le manifestazioni, che per il suo decimo anniversario. Ma procediamo con ordine: durante l’inaugurazione della Conferenza, un nutrito gruppo di persone sieropositive e non, ha rumorosamente interrotto [ qui il video della protesta ] la lecture di Filippo von Schloesser, con fischietti, agitando i barattoli dei propri farmaci antiretrovirali, con trombe da stadio, portando la propria preoccupazione per un sistema sanitario che, di taglio in taglio, è sempre meno in grado di garantire una assistenza adeguata alle esigenze delle persone sieropositive. In ormai numerosi centri clinici è scomparso l’infettivologo di riferimento e ci troviamo ad essere seguiti dal reparto, ossia dal medico che è in turno il giorno della visita. Anche a chi scrive è capitato di trovare personale che non aveva la benché minima idea del mio percorso sanitario, che chiedeva a me il motivo di alcune analisi, rendendo evidente il fatto che non ci fosse nessuna preparazione alla visita di un paziente ignoto. In alcuni centri clinici sono i pazienti a dover sollecitare analisi e esami per monitorare o prevenire l’insorgenza di problemi clinici aggiuntivi. Le nuove terapie consentono oggi di sopprimere la carica virale di Hiv rendendoci non infettivi (altro tema che vanta 10 anni di studi, ma su cui Simit latita). Questo può permettere una buona qualità della vita e ha importanti ricadute sul piano della prevenzione. Per ottenere questo risultato, però, devono essere garantiti adeguati standard di assistenza e cura che i tagli imposti alla spesa e la conseguente contrazione dei servizi, rischiano di compromettere. La risposta italiana a questi problemi sta nel Piano Nazionale Aids. Approvato dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato-Regioni, il Piano prevede interventi per rendere il percorso di cura delle persone con Hiv più efficace e in linea con gli obiettivi terapeutici. Ma non è stato previsto neppure un euro di finanziamento per tale Piano nazionale. Come associazioni abbiamo chiesto con forza che Piano sia finanziato, come atto dovuto perché questo documento di indirizzo possa essere introdotto nella pratica clinica. Noi persone con HIV, infatti, siamo portatrici di alte e specifiche esigenze di salute in ragione della complessità della cura, della particolare vulnerabilità sociale a partire dalla discriminazione, del progressivo invecchiamento spesso anticipato dall’azione del virus e della possibile insorgenza di gravi patologie concomitanti. I tagli rischiano di riportare l’orologio indietro di vent’anni. Altro tema critico è l’indebolimento del ruolo del medico infettivologo che andrebbe anzi rafforzato e reso protagonista, “regista”, del rapporto con altri specialisti per un approccio multidisciplinare alla salute del paziente.
Ma c’è di più, ed è il motivo della seconda protesta effettuata durante l’ultima plenaria della conferenza Icar [ qui il video della protesta ], alla presenza di un ospite internazionale di assoluto prestigio il dott. Molina, i cui studi hanno portato la Francia all’adozione della PrEP come strumento di prevenzione distribuito gratuitamente, a carico del sistema sanitario, alla popolazione esposta al rischio di contagio. La PrEP è una realtà con solide basi scientifiche da diversi anni ormai. Purtroppo in Italia abbiamo registrato infiniti ritardi da parte della politica, delle istituzioni di area sanitaria, della stessa classe medica che, come ha confermato il Presidente di Simit, non ha una posizione unitaria sulla PrEP a causa dell’atteggiamento moralista di alcuni suoi componenti… nel frattempo le persone si contagiano. Abbiamo quindi alzato nuovamente i nostri cartelli, lanciato lo slogan PrEP now, access for all, perché è davvero assurdo respingere uno strumento efficace nella lotta contro HIV, sulla scorta di motivazioni decisamente più vicine allo stigma che alla scienza. In tutto questo voglio sottolineare l’impegno dei 20 volontari di Plus che sono scesi a Roma, hanno realizzati i cartelli, hanno protestato, uniti. Anche grazie a queste persone, c’è speranza di farla finita con l’Aids entro il 2030, come ha annunciato l’OMS.
In occasione del 1 dicembre 2017 (Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids), l’associazione Plus riprende la campagna di prevenzione “Pillole di buon sesso”, rivolta sia a persone sieronegative, sia a persone sieropositive.
Le pillole sono i farmaci antiretrovirali nei loro diversi usi, e la campagna si concentra su due strategie di comprovata efficacia, da associare a quelle già esistenti principalmente basate sull’uso del condom:
TasP è la sigla che indica la “terapia come prevenzione”. Si basa su un concetto semplice: se la quantità di virus in una persona con Hiv è drasticamente ridotta dai farmaci, non si trasmette l’infezione ad altri. Riprendendo lo slogan lanciato da Plus nel 2015: Positivo non infettivo. La TasP aiuta le persone con Hiv a non considerarsi pericolose per gli altri. E chi non ha l’Hiv può comprendere che fare sesso con una persona in TasP è una delle opzioni più sicure per restare negativi!
PrEP sta per “profilassi pre-esposizione”. È un modo perché le persone sieronegative possano ridurre sensibilmente le possibilità di contrarre l’Hiv. Consiste nel prendere quotidianamente una pillola che contiene due farmaci antiretrovirali. In due parole: Negativo non infettabile. In Italia è possibile acquistarla in farmacia con la prescrizione dell’infettivologo. Sono finalmente arrivati anche i farmaci generici, ma hanno ancora un costo troppo elevato (115€ a scatola) per garantire un’aderenza adeguata. Detto questo è importante fare informazione e accedere a ogni risorsa disponibile contro l’infezione!
Lo scorso dicembre, Plus ha lanciato la campagna Fallo come vuoi, che metteva sullo stesso piano di efficacia, contro l’Hiv, preservativo, TasP e PrEP. Il motivo di una campagna specifica sulle «pillole di buon sesso» è semplice: della TasP si parla ancora troppo poco, malgrado sia una realtà da molti anni. Quanto alla PrEP, implementata con successo in svariati Paesi europei, manca ancora la volontà politica di renderla accessibile in Italia, dove la barriera del prezzo costringe gli interessati a rimediarla per vie illegali, senza supervisione medica. È ora che l’intera gamma delle risorse disponibili per combattere l’Hiv sia nota e resa disponibile a tutti, così che sia possibile effettuare una scelta consapevole, utilizzando in modo integrato le varie modalità di prevenzione. Dobbiamo stringere un patto sociale per invertire i dati epidemiologici e debellare l’epidemia. È ora di usare il buon senso per affrontare un tema, quello dell’Hiv, troppo spesso appannaggio del giornalismo scandalistico e di teorie irrazionali. In occasione del 1 dicembre, il BLQ Checkpoint sarà aperto dalle 18 alle 21 per effettuare il test per HIV e per l’epatite C. Per informazioni e prenotazioni è possibile telefonare allo 0514211857 (martedì e giovedì dalle 18 alle 21), oppure scrivere a prenota@blqcheckpoint.it. Come sempre, le persone che effettueranno i test riceveranno condom, lubrificante e potranno avere la possibilità di un counselling con persone qualificate.
Se una persona senza una particolare preparazione dovesse leggere certe dichiarazioni che appaiono con allarmante frequenza su Facebook, sarebbe naturalmente indotta a credere che la PrEP è una pazzia frutto del delirio se non, come è stato scritto, degli interessi miei personali o dell’associazione Plus. Il che ovviamente è completamente destituito di ogni verità, nonché di qualunque base scientifica… si perché Plus è abituata a ragionare sulla base dei risultati degli studi scientifici, non delle farneticazioni di un qualunque tizio che si vuole impropriamente accreditare come interlocutore. Chiariamo anche la faccenda degli interessi, che è stata lasciata intendere su alcuni post su Facebook: sono un lavoratore dipendente di una impresa di ristorazione leader in Italia ma certamente non una multinazionale, mi si applica il contratto nazionale del turismo i cui minimi salariali sono pubblicati per cui potete tranquillamente andare a vedere che cosa guadagno come secondo livello; non sono a libro paga di nessuna multinazionale… magari, sicuramente avrei un salario diverso. Plus, l’associazione di cui sono Presidente e che non è una costola di Arcigay, ha partecipato ai bandi di alcune multinazionali del farmaco, così come di fondazioni, e abbiamo ricevuto finanziamenti per alcuni progetti. Come hanno fatto pressoché tutte le associazioni sia di lotta contro l’HIV/Aids, sia sociali. Per informazione dei piccoli geni dello scandalismo, Gilead ha bloccato tutti gli studi sulla PrEP con Truvada in Europa, quindi Plus non ha fondi da Gilead per la PrEP. Del resto il brevetto su Truvada sta per scadere e Gilead fa decisamente i suoi interessi, purtroppo. Il massimo che abbiamo ottenuto da Gilead, è un finanziamento teso a proporre test per le infezioni a trasmissione sessuale alle persone esposte per via di comportamenti a rischio, o alle persone che asseriscono, per esempio sui social gay, di essere in PrEP. I test per le IST vanno bene spero, no?
Ma andiamo avanti. PrEP è ormai una realtà a livello globale e anche in Europa… è mai possibile che siano tutti folli? Alcuni esempi:
Rachel Baggaley, è una funzionaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, in inglese WHO), coordina progetti relativi alle attività di testing e di prevenzione di HIV. Alla conferenza mondiale Aids (IAS 2017) di Parigi ha portato una relazione non tesa a dimostrare che la PrEP funziona, ma indirizzata a migliorare la promozione della PrEP. In effetti, nel caso fosse sfuggito, l’OMS promuove la PrEP. PrEP Facts è uno dei tanti gruppi Facebook basati negli USA, ma dove sono presenti utenti da diversi Paesi inclusa l’Italia. E’ gestito principalmente da utenti evoluti, con esperienza di PreP, che danno suggerimenti e consigli su base scientifica e in base alle varie esperienze che, negli anni, gli stessi utenti hanno fatto. Ovviamente senza mai rubare spazio al medico. I membri di questo gruppo sono oltre 18.000, e non ho mai letto una sola polemica o giudizio sulle scelte degli altri (per definizione degli altri. Cit.). Tutte le domande ricevono risposte adeguate, con rimandi alle fonti. Noi abbiamo aperto il gruppo Prep in italia, ma ovviamente siamo solo all’inizio. EMA, European Medicine Agency, ha approvato l’uso di Truvada per la PrEP. L’agenzia del farmaco italiana, Aifa, ha agito di conseguenza. Non è vero che la PrEP in Italia non è consentita. EATG, European Aids Treatment Group, storico gruppo europeo di attivisti nella lotta contro l’Aids, insiste affinché la PrEP sia disponibile in Europa e accessibile a tutti coloro che sono a rischio di contagio da HIV. Dopo tutto quelli di EATG sono sieropositivi, che gliene frega a loro? Del resto lo stesso possiamo dire per Plus in Italia. A loro, e a noi, frega, perché sappiamo che cosa vuol dire ricevere una diagnosi di HIV e sappiamo cosa vuol dire evitarla con la prevenzione, tutta la prevenzione. Non solo “quella che ho scelto io”. Lo facciamo perché siamo un gruppo di advocacy, perché siamo attivisti e non dei pirla che si perdono in chiacchiere. Infatti anche lo scorso aprile EATG ha inviato una lettera al sig. John F Milligan, amministratore delegato di Gilead Science, perché Truvada o un equivalente generico sia disponibile in Europa. Dopo i due grandi studi europei sulla PrEP, Ipergay e Proud, uno dopo l’altro tutti gli stati dell’Unione stanno ragionando sul tema a livello istituzionale, Italia inclusa. In alcuni Stati la PrEP è già una realtà, da ultima la Svezia ha rilasciato un documento che propone di adottarla. Da quasi due anni la Francia ha un programma di PrEP pubblico, gratuito e alla conferenza italiana Aids (ICAR 2017), i ricercatori francesi che hanno portato i primi dati come contributo (visto che in Italia non è stato possibile fare uno studio con Truvada grazie alla nostra lentezza strutturale da un lato, al blocco di Gilead dall’altro). I francesi hanno raccontato che molti italiani si recano a Marsiglia per prendere la PrEP (e anche gel lubrificante monouso: “ma non lo avete in Italia?”, giusto per rimarcare l’ennesima figura di merda). Quindi la PrEP in Italia è già un fatto. Ed è un fatto che la situazione ci sta sfuggendo di mano perché, al solito, preferiamo fingere di non sapere. Davvero gli ostinati contrari che scrivono sciocchezze su testate online, credono che la gente si faccia influenzare da chi insiste sull’uso del solo preservativo come unico strumento definito “sicuro” anche di recente in un articolo che non cito per non dare spazio all’ignoranza? Davvero crediamo che, nell’era di internet e del commercio online, a nessun italiano sia venuto in mente di comprare un generico equivalente laddove viene prodotto, a prezzi notevolmente inferiori rispetto al farmaco brand? Vogliamo davvero lasciare soli gli italiani a gestire questo passaggio, soli nella posologia e modalità di assunzione, senza controlli e test sulle eventuali altre infezioni a trasmissione sessuale che, se non diagnosticate per non ammettere di essere in PrEP presa di straforo, possono portare conseguenze anche serie? La nostra lentezza nell’agire ci sta portando verso quella direzione. Parliamo di un processo già in essere che va gestito sia dai centri clinici, sia, soprattutto, dalle associazioni che hanno la possibilità di svolgere un ruolo centrale nell’orientare la popolazione di riferimento. Purtroppo oggi alcune associazioni tacciono per prudenza, non si comprende in base a quali dati, o insistono che tutti devono usare il condom. Come sia possibile non lo so… a chi non lo usa che facciamo? Lavaggio del cervello, ipnosi, fusione direttamente sul pene? Inoltre il pregiudizio fa si che partano dall’assunto che la PrEP sia alternativa al condom, il che non è. O non è sempre così. Nel gruppo PrEP Facts di cui ho scritto sopra, ho letto moltissime testimonianze di ragazzi gay in PrEP che continuano ad utilizzare il condom senza problemi, ma grazie alla pillola hanno una serenità mai avuta prima e vivono molto più intensamente la propria vita sessuale, perché sanno che qualunque problema possa capitare con il preservativo (che si può rompere, sfilare, oggi poi c’è la “moda” orrenda di toglierlo senza chiedere il permesso al partner), c’è l’ulteriore scudo della PrEP. Al punto che il ragazzo in questione aveva chiamato il suo post: nuovo effetto collaterale della PreP: serenità. Il tema della serenità è molto presente anche nei counselling che facciamo al BLQ Checkpoint. Non si contano le persone che vengono a fare il test in preda ad un terribile stato d’ansia per mille motivi. Nessuno sano di mente sosterrà, qui e ora, che la PrEP è l’unica arma vincente contro HIV, che la PrEP è l’unica forma di prevenzione vincente e così via. PrEP è una delle possibili forme di prevenzione ad HIV. E’ una scelta possibile e lo è grazie alla ricerca scientifica, non certo a motivo della mia opinione. La PrEP funziona per chi la sceglie consapevolmente, dietro consiglio del medico e tenendo sotto controllo le IST. È una scelta, e come tutte le scelte riguarda solo la persona che la prende. I giudizi e soprattutto i pregiudizi, sono decisamente fuori luogo.